Terry Brooks: un profilo d’autore. Con la conclusione della saga di Shannara, riflettiamo sul ruolo del fantasy, tra rinascite e nuove interpretazioni.

Il 18 ottobre arriverà nelle librerie l’edizione italiana dell’ultimo libro di Terry Brooks, scrittore statunitense di fantasy. Il libro è intitolato La caduta di Shannara. L’ultimo druido (Mondadori, 2022), e chiude la tetralogia dedicata, appunto, alla fine della saga: si può dire che è una serie, composta da quattro libri, che conclude il ciclo di avventure (una trentina di episodi, quasi tutti suddivisi in trilogie). Tutti i libri della cd. caduta di Shannara sono tradotti da Lia Desotgiu.

“Fin da quando iniziò a scrivere la saga di Shannara nel 1977, Terry Brooks aveva già un’idea chiara di come sarebbe dovuta finire, e ora quel momento è arrivato. Mentre le Quattro Terre sono in grave difficoltà dopo l’invasione degli Skaar – un popolo bellicoso in cerca di territori da conquistare – coloro che hanno a cuore il destino della loro patria sono chiamati a prendere decisioni molto rischiose per cercare di proteggerla e riportare la pace. Il principe degli Elfi, il paladino dei Druidi e il giovane Shea Ohmsford intraprendono un pericoloso viaggio verso Skaarsland sulla Behemoth, capitanata dal corsaro Rocan Arneas, portando con sé una macchina in grado di modificare il tempo atmosferico e di cambiare il volto del mondo per sempre. Tarsha Kaynin, rimasta nelle Quattro Terre, nel frattempo tenta di ricondurre indietro il suo maestro, il druido Drisker Ark, rimasto intrappolato nel Divieto, la terra dei demoni dalla quale potrebbe non esserci via di scampo”.

La caduta di Shannara

Questo si legge nella quarta di copertina. Chi ha già avuto modo di leggere il romanzo in inglese sa che ci sono lati rimandi all’inizio di Shannara: la presenza di un misterioso ragazzo di nome Shea Ohmsford (rinvio all’omonimo protagonista de “La spada di Shannara”), oltre che di altri antieroi, che incideranno non poco nella conclusione delle vicende. L’Ordine dei Druidi sembra definitivamente giunto al termine (l’ultimo esponente è appunto il citato Ark) e Brooks sembra propendere per un finale a metà tra sconfitta, speranza per il futuro e l’inevitabile malinconia per la chiusura delle vicende.

Dopotutto, Shannara è una saga fantasy avventurosa, che ha forte matrice fantascientifica, e si può desumere una visione dell’Autore secondo la quale gli estremi filosofici di un medesimo contesto sono proprio la magia e la tecnologia (o scienza). Niente di più vero: l’immaginazione (che nei fantasy diventa potere sovrannaturale, verosimiglianza della magia, ecc.) è quanto di più distante dalla certezza della cosiddetta verità. E dalla verità della scienza (ad esempio la medicina o la fisica) è stato estrapolato in maniera goffa il metodo scientifico, certo, applicato ad aree che sono tutt’altro che scientifiche e sicure. Basti pensare alla iper-produttività fine a se stessa, alla mancanza di obiettivi, alla soppressione del senso del tempo, delle pause e della calma.

Tutti macro-motivi che vengono recuperati da Brooks a metà del cammino, quando egli racconta che le apocalissi (pandemie e guerre) che hanno portato alla distruzione del vecchio mondo – e alla creazione delle terre fatate di Shannara – derivano proprio dalla contrapposizione tra il Verbo (edificante e positivo) e il Vuoto, ovverosia la mancanza di senso che si autoglorifica e si autoperpetua, peggiore dunque della morte: il Vuoto, nei romanzi di Brooks, ha sembianze demoniache.

Poi questa contrapposizione si ripresenta ciclicamente, tanto che anche durante quelli che vengono definiti da numerosi critici letterari blandi romanzi d’avventura, nelle Quattro Terre (la mappa di Shannara) fanno di nuovo la loro nefasta comparsa la politica, la tecnica, il controllo, eccetera.

Chi è Terry Brooks

Terry Brooks è stato avvicinato (negativamente) a Tolkien perché per primo, nel 1977, ha reintrodotto il fantasy nei romanzi d’evasione: come mai tanta avversione?

Perché i giallisti replicano all’infinito se stessi, senza peraltro avere una fonte d’origine, mentre gli autori di speculazione sono così malvisti? Brooks, a ben vedere, c’entra poco con Tolkien: al limite, può essere avvicinato all’avventura seriale di Verne, Salgari e Stevenson, o alla fantascienza Urania.

Il respiro, certo, rimane fiabesco, e lo stile di scrittura estremamente chiaro; potrebbe essere un pulp alla Flash Gordon, o una versione soft di George Lucas, e non a caso lo scrittore si è occupato di romanzare le vicende cinematografiche del film Star Wars – Episodio I: La minaccia fantasma. Servirebbe più intrattenimento del genere.