The Card Counter, la recensione di Matteo Strukul del film di Paul Schrader in concorso alla 78a Mostra del Cinema di Venezia.
Ti chiami Paul Schrader e hai scritto la sceneggiatura di Taxi Driver e Toro Scatenato. Sei Storia del Cinema. Punto. Partirei da qui per raccontare il nuovo film scritto e diretto dal cineasta statunitense.
The Card Counter è davvero un gran bel noir, tratta temi affini ad alcune strepitose opere di Kathryn Bigelow, ma in un primo momento si concentra sulla superficie della vicenda di William Tell, ben interpretato da un Oscar Isaac freddo e affilato al punto giusto. Quest’ultimo è da poco uscito di galera dopo otto anni e mezzo di carcere che ha messo a frutto con routine e partite a poker con i secondini, scoprendo in sé un talento non comune per il gioco delle carte.
Girovagando come una mosca da casinò incontra una sua vecchia conoscenza: La Linda, una “titolare di scuderia” che gestisce un team di giocatori di poker professionisti per conto di finanziatori terzi. La proposta è nell’aria e dopo un iniziale rifiuto William accetta di entrare in scuderia, non prima di aver chiesto a Cirk, giovane perdigiorno incontrato a un convegno sulla sicurezza nazionale, tenuto da un non meglio identificato Maggiore John Gordo, di girare con lui da un casinò all’altro.
Partita dopo partita, torneo dopo torneo, William diventa sempre più il mentore del ragazzo mentre l’intesa con La Linda, una divertita e sensuale Tiffany Haddish davvero in parte, si fa sempre più evidente.
Ma qualcosa bolle in pentola: perché William conta le carte per non pensare? Perché avvolge nelle lenzuola tutte le suppellettili delle camere d’albergo? A cosa sono dovuti gli incubi che lo tormentano la notte? Chi è Cirk? Un po’ alla volta, con sequenze di improvvisa e disturbante violenza, Schrader svela il passato del protagonista, affronta i conflitti interiori dei personaggi, costruisce dialoghi ben recitati.
Tutto davvero efficace anche se qualche ingenuità se la concede e dobbiamo davvero essere dalla parte del protagonista per accettare alcuni snodi narrativi piuttosto improbabili. Il ritmo non è esattamente serrato ma l’atmosfera tesa e inquieta aiuta ad andare avanti senza troppi cedimenti d’attenzione. Il finale è forse un po’ troppo rispettoso dei canoni del genere, anche se, va detto, è stato proprio Schrader a contribuire alla creazione di certi stilemi e a scavalcarli ogniqualvolta ha voluto sia in termini di scrittura che di regia.
Insomma, non è il suo miglior film, sarebbe ben difficile quando alle due pietre miliari citate in apertura puoi affiancare regie di film come Affliction, Cortesie per gli ospiti o City Hall ma The Card Counter rimane un noir amaro e intriso d’ombra, un film che si vede molto volentieri.