The Dirt, il film che racconta l’ascesa del Motley Crue, aggiunge un tassello fondamentale alla creazione della mitologia pagana sul mondo del rock anni ’80 e ’90.

The Dirt è disponibile da qualche giorno su Netflix e, com’era inevitabile, se ne sta già parlando parecchio.

Premetto che non mi interessa assolutamente perdere tempo a sottolineare cosa è vero e cosa non lo è, gli errori cronologici, le sviste o i dettagli che non sono esatti nel racconto dell’epopea della band californiana.

Farlo sarebbe un’enorme perdita di tempo visto che non è di questo che parla il film.

UN FILM TOO FAST FOR LOVE

The Dirt è un tassello fondamentale nella creazione della mitologia pagana sul mondo del rock anni ’80 e ’90, mitologia che ha nei Motley Crue delle divinità assolute.

Gran merito della riuscita di The Dirt  sta nell’omonimo libro scritto da Neil Strauss nei primi anni 2000 e che resta a mio avviso il miglior libro rock mai scritto (in Italia è pubblicato da Tsunami Edizioni).

In più di un’occasione gli sceneggiatori non hanno nemmeno dovuto scrivere la sceneggiatura, hanno utlizzato direttamente le pagine di Strauss. Stesso discorso per la struttura del film con i protagonisti che entrano ed escono dal racconto bucando lo schermo, come accadeva nel libro.

E proprio come nel libro anche il film non è molto interessato alla veridicità dei fatti ma è una carica straripante di vita, caratteristica fondante degli stessi Motley Crue e della loro straordinaria parabola rock.

Un film che comunica tantissimo senza dire niente, che ti fa vibrare di divertimento, disgusto, paura, pena, compassione, gioia, stupidità, meraviglia e stupore. Un film che vola veloce senza perdere tempo a dare giudizi o a fare morali (a parte il finale un po’ troppo alla volemose bene, però è comprensibile…).

Un film too fast for love come cantavano i Motley un bel po’ di anni fa, che funziona grazie a un cast particolarmente azzeccato (la mia unica perplessità è sull’attore che recita il ruolo di Vince Neil) e a una narrazione magistralmente sconnessa e disarticolata, proprio come la vita.

I MOMENTI TOP

Su una cosa credo si possa essere tutti d’accordo: The Dirt regala una manciata di scene memorabili, soprattutto per chi è cresciuto negli anni ’80 ascoltando quella musica. L’arrivo di Mick Mars che attacca il riff di Live Wire è da antologia, così come l‘epica scena con Ozzy che sniffa formiche.

Altri momenti top: il clamoroso racconto della vita in tour da parte di Tommy Lee: “Five P.M. Phone rings. Wake up. Remeber nothing…”, Vince Neil che scopa qualsiasi persona e cosa in qualsiasi luogo, Tommy che accenna alle note di Home Sweet Home al piano in studio.

CHIEDI CHI ERANO I MOTLEY

I Motley Crue sono stati un fenomeno unico nel panorama rock mondiale: una band di scappati di casa senza particolare talento, asociali che non c’entravano niente l’uno con l’altro, musicisti più che normali in una decade di virtuosi e di fenomeni, autori di qualche hit ma neppure così eclatante, protagonisti di un album pazzesco e iconico come Dr. Feelgood proprio nel momento in cui tutto stava andando a puttane.

Una band capace di registrare un disco bellissimo come Motley Crue nel 1994 facendolo diventare il suo peggior disastro commerciale, celebre in tutto il mondo più per il suo stile di vita discutibile e per le relazioni di Tommy Lee (sposato prima con Heater Locklear e poi con Pamela Anderson) che per la sua musica.

Ma, tutto sommato, chi se ne frega, loro sono i Motley fucking crue. Il resto non conta.