The Furnace, la recensione di Matteo Strukul del western australiano che ha sorpreso la Mostra del Cinema di Venezia.

The Furnace è un film magnificamente costruito, un western che approfondisce la storia di un continente avvolto nel mistero, l’Australia, con un grande David Wenham!

Imperialismo coloniale

Ambientato a metà Ottocento, durante la corsa all’oro di Victoria, il film di Roderick McKay – in concorso nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinemaracconta un’avventura rocambolesca che è anche l’escamotage perfetto per illustrare l’epoca in cui l’impero coloniale britannico obbligò i cammellieri afghani, indiani e persiani a raggiungere l’Australia per irrinunciabili esigenze d’espansione, trasformandoli, di fatto, in pionieri sfruttati per la penetrazione delle zone più selvagge e desertiche del continente.

Un simile fatto storico garantisce alla pellicola una complessa trama di risvolti storico-sociali che lo rendono ancor più interessante, con sorprendenti colpi di scena e ribaltamenti di fronte, dettati anche dai rapporti fra nativi, afghani, persiani, indiani, cinesi e ovviamente britannici.

La pietra gialla

La storia del film ha un impianto classico reso però affascinante da un coté esotico che valorizza appieno la visione registica.

Hanif (Ahmed Malek) è un cammelliere afghano che dopo essersi separato dall’amico Woorak s’imbatte in Mal – David Wenham che qui offre un’ottima interpretazione – ferito ma sopravvissuto a una sparatoria. Hanif scopre ben presto che quest’ultimo ha da poco sottratto due lingotti d’oro del valore di tremila sterline ciascuno da una miniera appartenente alla corona britannica e infatti le preziose barre ne recano l’effigie.

L’unico modo per sperare di diventare ricchi è fondere il metallo e ottenerne lingotti non marchiati. Mal sa chi può farlo e promette uno dei due lingotti ad Hanif se vorrà aiutarlo. Inizia così un viaggio pieno di pericoli – tanto più perché la Guardia della Corona sta cercando il rapinatore – che condurrà i due presso una fonderia cinese clandestina: Mal e Hanif dovranno arrivarci prima dei soldati che si stanno mettendo sulle loro tracce.

The Furnace, un western duro e spietato

Fin dalle prime immagini s’intuisce che il film di Roderick MacKay sarà un western duro e spietato, con un ritmo lento, pronto a infiammarsi nelle sequenze d’azione davvero efficaci perché sporche e brutali.

Ci troverete insomma un tratto comune con alcuni western più recenti come Hostiles o Salvation senza però dimenticare la tradizione australiana che ciclicamente propone film di questo tipo, penso a The Proposition di John Hillcoat, a Red Hill di Patrick Hughes e all’ultimo The History of the Kelly Gang di Justin Kurzel. 

Ne esce un film di grande impatto visivo, grazie alla selvaggia natura australiana, al rosso del deserto e alle gole scoscese e pietrose, che non concede sconti, narrando un mondo di frontiera dove le scelte sono estreme e senza possibilità di ritorno.

Interpretazioni di grande livello

Mi hanno molto colpito le interpretazioni dei due protagonisti: da una parte quella di Ahmed Malek che interpreta Hanif, un giovane cammelliere afghano che, per questo, viene spregiativamente chiamato ghan dai britannici. Hanif ha il sogno di tornare nella propria terra d’origine e tuttavia riuscirà infine a trovare una casa presso una tribù di nativi. Le sue fragilità, le insicurezze ma anche il grande coraggio e l’intelligenza nell’escogitare alcune soluzioni tratteggiano un personaggio complesso e affascinante.

Quanto a David Wenham, il suo personaggio di avventuriero senza scrupoli, gaglioffo e duro a un tempo ma in cerca di redenzione è il contrappunto perfetto a livello attoriale in una vicenda che nel finale non manca di far pensare e perfino commuovere.

Confesso di sperare in una vittoria per questo film.