The Punisher è sempre stato un fumetto politicamente scorretto, cattivo e senza mezze misure. Grazie a Victor Gischler e a Goran Parlov la situazione si è fatta ancora più estrema…

Il principale problema di Frank Castle, alias The Punisher, è quel prurito alla nuca che gli prende quando qualcosa non va.

È tutta una questione di inconscio, di percezione subliminale, di quella parte fondamentale di contatto con il mondo circostante non mediata dalla nostra coscienza. È tutta una questione di esercizio e di abitudine ad avere un mare, anzi un oceano, di cazzi amari da risolvere, di maniaci e assassini, o maniaci-assassini, alle costole che vogliono farti fuori o che tu vuoi fare fuori.

The Punisher: Benvenuti nel Bayou

Insomma, se vi foste trovati nella medesima situazione in cui Victor Gischler piazza Frank Castle in questo 16esimo e ultimo numero della collezione 100% Marvel del Punisher Max, beh, avreste tirato semplicemente dritti. E vi sareste salvati il culo, perché né voi né io siamo Il Punitore, un tizio di un paio di metri con un bicipite da minimo minimo 55 cm e particolarmente avvezzo ad accoppare nelle più svariate maniere.

Il Frank Castle di Gischler e delle stupende tavole di Goran Parlov lascia l’affollato ambiente metropolitano per andare a ficcarsi in quel ginepraio di coccodrilli, fogliame e serpenti che è il bayou della Louisiana, terra già narrata con sorprendente e immaginifico realismo da James Lee Burke. Nelle tavole di Parlov sarà quindi una natura prepotente e invadente unita ad una solitudine fisica ed esistenziale a fare da coprotagonisti della storia.

Frank sta attraversando la Louisiana diretto verso una New Orleans post uragano Katrina e per farlo preferisce passare per strade secondarie in cui il rischio di ficcanaso è notevolmente minore. Perché, infatti, è meglio che non si sappia cosa c’è nel baule della sua auto, meglio non sapere. Ma è solo lavoro e il lavoro va fatto e bene, poche storie. Però c’è sempre un però, che in questo caso si chiama benzina.

The Punisher: Benvenuti nel Bayou

Anche la macchina del Punitore, udite udite, ha bisogno di benza e nel bayou non è che ogni tre chilometri si trovi un distributore. Quello che ha davanti è l’unico per non si sa quante miglia, meglio fermarsi per il pieno, fare una pisciatina e riprendere il viaggio.

Ma una stazione di servizio sperduta dentro una foresta tropicale in pieno territorio americano non è una stazione come tutte le altre. Non ci sono, qui, barrette di cioccolato, patatine e salami prima dell’uscita, bensì scarafaggi in salmì, occhi sottolio e non so quali altre schifezze.

Ma, come diceva mio nonno, chi si fa i cazzi suoi campa cent’anni, mantra che Frank Castle sembra aver fatto proprio. E però ci si mettono di mezzo pure sta macchina di ragazzi, gli unici altri viaggiatori in quella strada in culo al mondo, e il già citato prurito alla nuca che raramente sbaglia nell’indicargli che, insomma, qualcosa non torna. È una questione di percezione non cosciente dovuta all’abitudine, al sovvertimento di quegli schemi mentali che rendono il mondo un posto omogeneo e prevedibile.

Inizia così un’avventura ai limiti dell’horror e con una quantità notevole di riferimenti a quel settore di cinematografia che affronta questo genere letteralmente esploso negli ultimi anni grazie al connubio scarsi costi di produzione-elevato successo di pubblico. Al Blockbuster un terzo dei film presenti sono horror e roba come Hostel, Saw, Le colline hanno gli occhi e Non aprite quella porta sono degli evergreen intramontabili in fatto di noleggio.

Personalmente ho una scarsa conoscenza e una ancor minore attrazione per questo genere e quindi mi sarò perso chissà quanti riferimenti cinematografici in questo Benvenuti nel bayou della coppia Gischler-Parlov.

The Punisher: Benvenuti nel Bayou

Ma nonostante questo mio limite so pure io che l’incontro di un ignaro viaggiatore con una più o meno ristretta comunità di fuoriditestafottutiassassinicannibali è uno dei topoi più inflazionati di questo genere. E Gischler fa proprio questo: prende il topos – una allegra famigliola di red neck del cazzo – e ci piazza in mezzo The Punisher.

L’effetto è, manco a dirlo, deflagrante, reso ulteriormente una miscela tra l’onirico e il psichedelico dalla preponderante scelta cromatica delle tavole di Parlov che oscilla costantemente tra il giallo e il verde pisello, anche se io sono un po’ daltonico e la sfumatura tra i due colori, beh, mica so distinguerla così bene.

Alla fine sappiamo tutti come va a finire, perché il Punitore non affronta i problemi, ma semplicemente li elimina. Questa è una regola aurea per chiunque affronti questo personaggio, come testimoniato dallo stesso Gischler in una recente intervista radiofonica rilasciata a Tutti i colori del giallo di Luca Crovi.

Lui, Gischler, ci aveva anche provato a portare una ventata di aria fresca e nuova in questa serie, a inserire all’interno di questo personaggio delle debolezze o delle punte di ironia come ci si aspetterebbe da uno dei più originali scrittori di black comedy contemporanei. Ma un cazzo, la risposta dei produttori è stata quella sopra. Dito medio alzato. E allora botte e fucilate, fughe, risse e nessuna pietà, né per gli eroi né per i villains. Questa è la regola.

Il volume Benvenuti nel bayou, inoltre, diventa ancora più interessante se si considerano pure le cinque ministorie che chiudono le pubblicazione della serie Punisher dell’etichetta Max. Tom Piccirilli, Gregg Hurwitz, Duane Swierczynski, Peter Milligan e Charlie Huston prestano la loro penna per cinque frammenti ancora una volta con Frank Castle protagonista, cinque storie disegnate da altrettanti disegnatori in cui, se di nuovo ce ne fosse bisogno, rende lampante la superiorità del Punisher di Goran Parlov su tutti, forse con l’eccezione di Laurence Campbell. Da segnalare la sceneggiatura di Tom Piccirilli e quella struggente e commovente di Peter Milligan.

The Punisher: Benvenuti nel Bayou

Con il Benvenuti nel bayou di Gischler-Parlov finisce, quindi, la pubblicazione della serie Max del Punitore. Ma mica finisce il Punitore, anzi: “Con il 75° episodio, la Marvel ha preferito chiudere questa storica testata lanciata nel 2004 che, dopo l’abbandono di Ennis, era diventata una sorta di contenitore antologico di storie realizzate da diversi team creativi. Ha successivamente affidato le sorti del Punischer per adulti” si legge, ancora, nell’introduzione del Punischer Max n. 16 “All’astro nascente Jason Aaron (Wolverine: Weapon X, Scalped), affiancandolo a uno degli artisti preferiti da Ennis, Steve Dillon, che aveva a lungo disegnato la serie del Punischer “Marvel Knights”.

Insieme i due hanno dato vita a PunisherMax (rigorosamente tutto attaccato), nuova serie regolare dedicata a Frank Castle. Nel 2011 troverete il primo volume in questa stessa collana, con una saga di debutto dal titolo decisamente rivelatore: Kingpin…

La voce di wikipedia dedicata a Goran Parlov

La voce di wikipedia dedicata a Victor Gischler