Hell or High water, la recensione di Matteo Marchisio del film di David Mackenzie con Jeff Bridges, Chris Pine, Ben Foster e Gil Birmingham distribuito da Netflix.
Qualcuno tempo fa mi ha detto che il futuro del cinema sono i film di genere girati da registi capaci. Hell or High water è un western in cui le scenografie classiche si mischiano con la realtà moderna del Texas rurale, in due parole: abbandono e disgrazie.
Due fratelli battono banche di campagna, all’apparenza con la semplice intenzione di ricavarne un bottino immediato.
Se la povertà è una maledizione da scacciare, non saranno pochi colpi a mettersi fra i fratelli Howard e la redenzione di un futuro disgraziato. Padre squattrinato uno, ex galeotto dal grilletto facile l’altro, animati dall’amore reciproco, dalla chimera di un pozzo petrolifero da riscattare e da un nuovo destino da forgiare a colpi di pistola.
Infilano sempre poche manciate di contanti, solo in pezzi piccoli, nella camicia, inseguiti da una coppia di Texas Ranger flemmatici, ben lontani di quelli del telefilm con protagonista Chuck Norris.
Ogni scena cavalca un must del genere western, riletto in chiave moderna: bariste ammiccanti, vecchie cameriere scorbutiche, capi indiani appesi alla bottiglia che fissano la roulette e sconosciuti appoggiati al bancone di un diner che sbocconcellano bacon lasciando andare qualche verità trascendentale.
Sparatorie in pieno centro, fughe, legami familiari da salvare riempiono le due ore scarse di film che propone sfumature di generi diversi passando dal thriller, al dramma familiare, all’action.
I fratelli cowboy Chris Pine\Ben Foster si barcamenano provando a scuotere le proprie vite, ricordandoci in fondo che, al di là dell’immagine romantica costruita dagli anni ’60 in poi, i cowboy nella realtà sono derelitti che vivono alla giornata, costantemente in bilico tra una fine ingloriosa e un presente pietoso.
Non per nulla un mandriano che attraversa la strada sentenzia: “Siamo nel ventunesimo secolo e sto salvando una mandria da un incendio.”
Passano i secoli, cambiano le insegne, i saloon diventano bar, i bordelli casinò, ma la vita per un cowboy rimane sempre fatica e incertezza.
I Ranger, la coppia di rappresentati della legge, ha le forme di Jeff bridge e Gil Birmingham, concentrati nel vecchio modello stile coppia di zitelle, costantemente scontrosi l’uno con l’altro, tra battute acide, umorismo razzista, ma legati dall’aver trascorso la propria esistenza insieme sulle macchine di servizio.
Da Taylor Sheridan, ideatore di un capolavoro come Sicario, arriva quindi un neo-western dall’anima lacerata fra i vari generi, che gli ha fatto meritare candidature agli Oscar 2017 e al Golden Globe (anche se in Italia il film non è arrivato in sala ma direttamente su Netflix).
La giusta profondità sottesa a ogni scena, rende Hell or High water un prodotto delicato, permeato dalla vecchia convinzione che la frontiera americana sia ancora quel posto dove chiunque può inseguire l’idea di cambiare il proprie destino. E qualche volta anche riuscirci.