Top of the Lake un malinconico thriller in Paradiso.
Ingredienti per questa serie: Versare Jane Campion regista pluripremiata con Lezioni di Piano (tre Oscar e Palma d’oro a Cannes), aggiungere pesanti dosi di Elisabeth Moss (due SAG Award per Mad Men), un pizzico di Holly Hunter (premio Oscar con Lezioni di Piano), una parte di David Wenham (Delios in 300) e per finire Peter Mullan (Palma d’oro a Cannes con My Name Is Joe di Loach) quanto basta. Shakeriamo ma non troppo, versiamo il tutto su Moke Lake e dintorni in Nuova Zelanda, facciamo scomparire una ragazzina di nome Tui e mettiamo un po’ di suspense.
Ne esce una mini-serie di sette episodi da guardare tutti in sequenza senza respiro, un vero lungometraggio separato in episodi da 60 minuti. Se qualcuno sospettava che la femminista Jane si fosse un po’ ammosciata in Holy Smoke, Bright Star o In the Cut, qui scatena la sua verve di lottatrice in toto.
A combattere contro l’universo maschio-centrico troviamo Robin Griffin (Elisabeth Moss), detective che ritorna a Laketop, luogo dell’infanzia e residenza della madre, per la malattia di quest’ultima. Sarà poi Robin, il fato è crudele a volte, ad investigare sulla scomparsa della giovane Tui, portandola inesorabilmente in un tunnel di ricordi e sofferenza. Proprio la sofferenza, l’inevitabile fuga e l’amore saranno il leitmotiv del detective Griffin.
Una storia prima di tutto, narrata con la maestria cinematografica della Campion che ne è pure scrittrice e sceneggiatrice. Un lavoro tutto al femminile che rappresenta un’umanità dilaniata, compressa a volte senza speranza di quella redenzione che tutti i personaggi di Top of the Lake cercano.
Se Robin deve fare i conti con il suo indicibile passato di violenza, Matt Mitcham (Peter Mullan) è la nemesi di ogni donna, prevaricatore al comando di una famiglia dove l’unico valore è quella violenza mascherata da protezione indefessa.
Dalla semplice contrapposizione di due elementi così contrastanti e contrastati la narrazione esploderà in un tripudio di sottotrame, tutte da seguire con attenzione, tutte portatrici sane di quella malinconia che trovate in Lezioni di Piano. Tutto finirà in maniera inaspettata e pregna di una tragedia dalla quale nessuno può riprendersi.
Attorno alla misteriosa scomparsa di Tui, che poi non è altri che la figlia di Matt, gireranno figure tanto pazzesche quanto credibili. GJ (Holly Hunter) e le sue donne perse alla ricerca del Paradiso (Paradise è un appezzamento di terra che si affaccia sul lago), Johnno l’amore adolescenziale di Robin, Al Parker (David Wenham) il ben vestito capo della Polizia e un piccolo paese di persone disadattate e perdute tra alcol e droga.
Un’affresco dipinto con una fotografia spettacolare, sempre “vera” dove il territorio neozelandese ne risulta il vero padrone di queste anime perse. Talmente vero che vien voglia di tuffarsi, di prendere un aereo e partire subito.
Mi sono commosso, ho riflettuto, ho imprecato, ho visto questa serie con occhi incantati di chi non s’aspettava tutto ciò. Non fatevi trarre in inganno dal trailer, non ci sono inseguimenti, sparatorie, sangue… solo violenza senza scuse, il male vero che permea le pulsioni umane.
Non per tutti, solo per i puri che desiderano vedere un capolavoro senza compromessi, duro come non mai. Indimenticabile poi.