Rieccoci a parlare del lavoro della barbabietola più prolifica che ci sia: la nostra Marilù Oliva che, dopo un anno circa dal suo fulminante esordio, torna con una storia altrettanto coinvolgente.

La narrazione ha inizio col rinvenimento di un primo corpo, quello di un uomo i cui occhi sono stati barbaramente trafitti, e lo sfondo è una sorta di microcosmo cubano che ha preso forma a Bologna, attraverso l’enorme diffusione che i ritmi caraibici hanno avuto nelle balere della zona.

La Guerrera (soprannome attribuito alla protagonista, Elisa Guerra, per svariati motivi) è un’affascinante salsera, esperta capoerista, cronista tartassata e precaria, nonché studentessa di criminologia.

Si ritrova invischiata nelle indagini sin dall’inizio, risultando sospettata e al contempo fattivamente impegnata nelle indagini, portate avanti diligentemente dall’affascinante ispettore Basilica. Quello che si instaura fra i due risulta essere un rapporto molto particolare, essendo molto attratti l’uno dall’altra e alcune delle situazioni-azioni che affrontano danno un tocco squisitamente sensuale al plot.

Ma Basilica, anche se poco felicemente coniugato, non può tralasciare il fatto che Elisa  ha avuto un legame forte con la prima vittima. L’accennata ambiguità che circonda la Guerrera nell’arco di buona parte del romanzo, fa venire in mente la protagonista di BILICO, quel discreto caso editoriale a firma di Paola Barbato (sceneggiatrice di vari episodi di Dylan Dog), uscito qualche anno fa, nel quale la figura principale è ammantata da una similare aura di mistero e ambivalenza.

Ma nel romanzo della Oliva tale senso di doppiezza è, come accennato in precedenza, protratto per buona parte della storia e il lettore nella smania di capire l’identità dell’assassino difficilmente riuscirà a staccarsi dalle pagine.

Quello rappresentato è un ambiente che può apparire a tratti come un carrozzone circense, nel quale una buona fetta degli aficionados della salsa appare come malata di un egocentrismo esasperato e in più occasioni ridicolo; d’altro canto c’è una folta schiera di fanatici delle danze latino americane che ama divertirsi in modo spontaneo e pacifico, e la Guerrera è una di questi, lei “balla per ricordare i sogni a ogni risveglio”; “la salsa è per lei una comunione con la vita”.

Come in REPETITA, nel quale la dicotomia manichea tra bene e male aveva confini molto sbiaditi, anche in quest’intreccio, molto più “giallo” del precedente, tali limiti hanno scarsa incidenza, seppur in modo dissimile. Nel primo romanzo l’assassino seriale Lorenzo Cerè, pur macchiandosi di misfatti cruenti, non risulta odioso al lettore, che in qualche modo assolve il mostro per il back ground infarcito di torti subiti; in ¡TÚ LA PAGARÁS!, invece, molti dei comprimari sono potenziali assassini, ognuno sembra custodire scheletri nel proprio armadio.

I capitoli sono stilati in modo alterno, extradiegetici o narrati in prima persona dalla Guerrera, che si avvale sovente nelle sue elucubrazioni della conoscenza a menadito della Divina Commedia.

Ancora una volta l’autrice ha confezionato un romanzo molto appetibile per gli amanti del genere e non solo, in cui il lettore avrà a che fare con svariati temi quali la forte amicizia che si instaura tra due donne, l’aspetto antropologico del sincretismo della misteriosa santeria, la consultazione dei tarocchi, e, ancora una volta, come nella sua opera d’esordio, la questione della macabra attrazione installata nel genere umano di fronte a vicende violente.

Non ci resta che sperare che la nostra Marilù faccia proseguire gli studi di criminologia a Elisa Guerra, in modo da poterla rincontrare nelle nostre letture.