Uccidi quei mostri – L’ultimo romanzo rock, la recensione di Corrado Ravaioli del libro di Jeff Jackson pubblicato da SEM.

  • Titolo: Uccidi quei mostri
  • Autore: Jeff Jackson
  • Traduzione: Seba Pezzani
  • Editore: SEM
  • PP: 366

Si diffonde come un virus e trasforma insospettabili teenager in killer spietati. Il fenomeno sta dilagando, si moltiplicano le stragi compiute durante i concerti di giovani rock band. Sono proprio loro le prede di questi sicari silenziosi.

In tutto il Paese si sparava nel bel mezzo di un loro concerto. Al duo noise nel corso di una festa in un loft nel Nordovest della costa pacifica. Al gruppo garage nella taverna di un sobborgo del New England (…) Ai revivalisti bluegrass nella caffetteria del profondo Sud. 

Non si sa cosa spinga ad agire gli assassini. C’è un disegno dietro? L’interrogativo costringe il lettore a spingersi fino in fondo alla lettura di Uccidi quei mostri, romanzo di Jeff Jackson edito da SEM e tradotto da Seba Pezzani.

Siamo di fronte a un libro punk nello spirito e nella veste grafica. Colpisce subito la doppia copertina vivace e aggressiva che richiama le locandine di certi gruppi newyorkesi degli anni ’80-90, così come la scelta di stampare il romanzo su due lati, proprio come un LP.

Il lato A si intitola My dark ages e il lato B Kill City. Proprio come fosse un vinile, giunti a circa metà del libro occorre ribaltarlo per passare alla seconda parte. La prima parte offre un punto di vista sulla storia, la seconda ne svela alcuni retroscena attraverso gli occhi di altri protagonisti. 

Uccidi quei mostri, un romanzo punk

Romanzo punk anche nell’anima perché parte su un binario abbastanza riconoscibile per muoversi verso strade meno battute. Nonostante alcuni cliché nella caratterizzazione dei personaggi che trovano un’evoluzione nel corso del racconto, Jackson, autore teatrale e scrittore che vanta tra i suoi estimatori niente meno che Don De Lillo, è abile nel creare un incubo reale filtrato dallo sguardo disincantato di alcuni amici legati dalla passione per la musica.

Un incubo che appare come una metafora sulla deriva del rock, una riflessione sull’omologazione del consumo usa e getta, ma anche su un generale svilimento della sostanza in favore dell’apparenza. Non a caso, forse, il sottotitolo del libro è “l’ultimo romanzo rock”.

Un bad trip attraverso ambienti in decomposizione

Se non ti dà quello di cui hai bisogno non serve a niente, dice a un certo punto Xenie a proposito delle canzoni. Lei, insieme a Shaun, Eddie e Florian, sono solo alcuni dei tanti giovani che fanno la fila ai concerti, sognando di salire sul palco un giorno non troppo lontano.

Come altri ragazzi di Arcadia, città di fantasia, si trovano a un live di una band emergente interrotto di lì a poco da un brutale omicidio. Il trauma per l’evento cui hanno assistito li porta a cercare un movente per questa violenza seriale.

I ragazzi cominciano dunque a fare ipotesi, esplorano territori che sembrano liquefarsi, autodistruggersi lentamente. Entrano loro stessi in una sorta di bad trip attraverso ambienti in decomposizione: ora un live club dov’è avvenuta una strage, ora un bosco che si rivela teatro di rituali primitivi.

Lentamente i protagonisti subiscono una fascinazione per il mistero che avvolge gli zombies, così come vengono definiti i killer.

Simboli inquietanti tra morte, amore e vita

“Tutti desiderano solo essere sotto i riflettori. Ma sono così mediocri. Una cosa patetica. (…) Se in questo momento si presentasse qualcuno di speciale nessuno se ne accorgerebbe.

Questo è solo uno dei passaggi in cui Xenia esprime il suo punto di vista sulla qualità della produzione musicale. Se tutti hanno accesso alla ribalta, sembra voler dire l’autore attraverso le parole della protagonista, si perde di vista il concetto di qualità. E questa potrebbe essere una delle ragioni che spingono/giustificano i killer a compiere il gesto estremo. Come se il consumatore, stanco della musica disponibile sul mercato, decidesse di fare una selezione in maniera arbitraria. 

In Uccidi quei mostri Jackson dipinge uno scenario distopico affascinante nella sua cupezza, mentre sullo sfondo si percepisce una colonna sonora costante, come un rumore bianco o una distorsione.

L’autore lascia lungo il percorso simboli inquietanti, che il lettore dovrà cercare di interpretare per cercare di dare un senso a quello che sta succedendo. Simboli che richiamano la morte, l’amore, la vita.