Un couple, la recensione di Silvia Gorgi del film di Frederick Wiseman in concorso alla 79 Mostra del Cinema di Venezia.

Un debutto a 92 anni, questo con Un couple, per Frederick Wiseman, che qui s’avventura nel mondo della finzione, per la prima volta, lui che si è dedicato al lavoro documentaristico per un’intera vita (più di sessant’anni), ed ha già ricevuto un Oscar onorario e un Leone d’Oro alla carriera.

Al centro del suo racconto cinematografico, per questo progetto portato avanti nel periodo della pandemia, ritroviamo una vita di coppia, raccontata, declamando un diario. Del resto faceva così lo stesso scrittore che è parte della vita coniugale narrata, quel Leo Tolstoj, che leggeva ad alta voce, agli ospiti di casa, le pagine del suo diario e di quello di Sofia, sua moglie, che scrivevano, nonostante vivessero sotto lo stesso tetto.

Dall’altra parte, però, ad ascoltare, in questo caso non ci sono gli ospiti di casa ma gli spettatori, e davanti alla macchina da presa, l’attrice Nathalie Boutefeu, nella veste della moglie di Tolstoj.

Sofia racconta guardando dritto davanti a sé, come avesse lì davanti il suo Leo, i suoi stati d’animo, le difficoltà di portare sulle spalle la gestione e le decisioni legate alla vita familiare; la gioia di essere stimata da lui, o le ferite del suo cuore quando, invece, si sentiva frustrata, in un’esistenza tutta dedita al sacrificio, al marito, ai figli, dove non c’era nemmeno il tempo per capire quali potessero essere le sue aspirazioni.

Di nuovo in concorso a Venezia

Con Un couple, Wiseman torna in Concorso a Venezia, a cinque anni da Ex Libris sulla biblioteca pubblica di New York, per raccontare una storia d’amore, attraverso però la parola mediata, ripensata, rivissuta, degli scritti, e sceglie per farlo dei monologhi che portano il teatro al cinema. Si lancia in una nuova avventura l’autore che ha raccontato l’America nei suoi fluviali documentari, e che qui, con questo film, che supera di qualche minuto l’ora di proiezione, si cimenta in qualcosa di lontano dai suoi schemi, ma solo apparentemente, poiché il suo sguardo documentaristico è tutto lì, e la natura che inserisce come contraltare dei monologhi, ne è emblema.

Un viaggio che inizia in Bretagna

Questo viaggio fra i ricordi inizia con Sofia davanti allo scrittorio, foglio bianco, candele, e poi la natura, dapprima scenario, diviene coprotagonista, con la sua bellezza, i suoi suoni, la sua aura avvolgente. Una natura che è quella della scogliera, della spiaggia, del bosco, del giardino La Boulaye, sull’isola di Belle Île, in Bretagna, con i suoi fiori, gli insetti, gli alberi, che sembrano respirare, insieme a Sofia.

Le gioie e le frustrazioni della donna, sono personali, ma anche universali, dipingono la condizione di una donna in tempi in cui la sua affermazione in campi differenti da quello familiare era tutt’altro che a portata di mano. Una moglie che si confronta con un artista come Leo, spesso chiuso nel suo mondo immaginifico, da cui ogni tanto ricompare, mentre le incombenze e le sofferenze della quotidianità sfiancano la sua resistenza.

Si plasmano nelle parole di Sofia sia i momenti critici, le liti, le separazioni sia gli slanci per riconciliarsi, in una vita familiare, in cui la donna si ritrovò a educare ed accudire tredici figli, solo nove sopravvissero, avuti da Tolstoj, lungo trentasei anni di matrimonio.

È lo sguardo di Sofia su quel mondo, la difficoltà di stare accanto a chi ha sposato l’arte e la creazione artistica quale via d’espressione assoluta, forse ponendola al di sopra delle relazioni, quello che Wiseman porta a noi: un intento nobile, recuperare le sue parole, in questo progetto, girato in meno di un mese, nel maggio del 2021, in piena pandemia, con la sola attrice e una troupe di sei persone.

La scelta del taglio teatrale che si smarca attraverso un dialogo serrato con la bellezza della natura non trova però tensione e ritmo a sufficienza per ammaliare lo spettatore, e la voce di Sofia non riesce a toccare picchi emotivi, anche se è bello pensare al sentimento che ha condotto Wiseman a dare voce ai pensieri di questa donna, proprio nel periodo in cui ha perso la moglie, dopo sessantasei anni di matrimonio.