Un giorno al Salon du Livre de l’Estrie: il primo Salone del Libro Canadese della nostra Giulia Mastrantoni.

Salone del Libro. Ne esistono tante versioni e varianti, di cui non ho mai sperimentato di persona la portata emotiva, né lo spessore culturale. Oltre a Pordenonelegge e SugarCon, festival incredibilmente dinamici e accattivanti, non ho esperienza di grandi “feste letterarie”. Quindi, un po’ per curiosità, un po’ per sincero interesse personale – e un po’ anche perché geograficamente vicino -, sono andata al Salon du Livre de l’Estrie. Nel Québec. In Canada. Entro nel Centre de Foires di Shebrooke sabato pomeriggio, il 17 Ottobre. È il penultimo giorno di festival e fuori nevica. La prima neve dell’autunno. Mi metto in coda alla biglietteria e nell’arco di due minuti entro. L’impatto è quello di una grande festa. Tutti sono sorridenti, a ogni angolo c’è una famiglia con bambini, di cui alcuni davvero molto piccoli. Sembra che ci siano tutte le generazioni, ognuna attratta da qualcosa di diverso. Non conoscendo gli autori québecois, gironzolo senza meta nel padiglione, un mélange di stand variegati piuttosto compatto. Dalla spiritualirà, ai gialli per ragazzi, ai romanzi rosa per adolescenti fino alle ricette di cucina; c’è un po’ di tutto. Alcuni stand sono colorati e i bambini vi si affollano intorno: si tratta di cartoni, ma non li conosco. Controllo sul programma chi ci sarà nel pomeriggio e quali incontri terrà. Leggere i nomi mi lascia ancora più all’oscuro di prima. Ma il bello dei libri sta nello scoprire cose nuove, no? E allora mi mescolo alle persone e vado. Incappo in un incontro su come animare graficamente una storia, in una fila di stand pieni di romanzi finalisti o vincitori di concorsi, poi in una lista di editori popolari nel Québec. Ogni stand ha il suo autore, la sua coda per gli autografi e alcuni hanno persino un banchetto di estratti omaggio dei libri. Quando trovo il Carrefour Bande Dessinées, tutto diventa un po’ più a colori. C’è Garfield, i Minions, i Simpson e una marea di fumetti québecois. Vari pouf sono sparsi sul pavimento e i bambini – ma anche gli adulti! – sono seduti a leggere. Leggono anche libri interi. Ogni tanto un autore passa e sorride a chi lo osserva. Qualcuno avvicina gli scrittori e i fumettisti per una dedica. È come se tutti fossero amici da sempre. Seguo due incontri stile tavola rotonda. Si parla di blocco dello scrittore e di cosa vuol dire dichiarare: “Io non leggo”. Due interventi mi restano impressi. Paul Ohl, autore québecois e padrino dell’evento, dice che per uno scrittore non esiste avere “i momenti di sconforto”: se fai lo scrittore è perché ami questa professione e vuoi andare fino in fondo, hai la fortuna di fare ciò che ti rende felice e non esiste arrendersi, men che meno avere un “momento di sconforto”. Un’autrice accanto a lui, Élisabeth Tremblay, dice che non ha senso dichiararsi un non-lettore: ogni giorno leggiamo etichette di cibi, stradari, liste della spesa, avvisi e segnali. Tutti leggiamo, altro che non-lettori! Arrivo a un incontro con Patrice Godin sul suo Territoires inconnus mediato da una giornalista de l’Express de Sherbrooke. È uno sportivo che non voleva scrivere un libro “motivazionale”, ma che si è ritrovato a scrivere, una dopo l’altra, le sue emozioni e questi suoi pensieri sono stati accolti con calore da un pubblico che non smette di ringraziarlo per aver raccontato la sua storia. Tante persone si alzano per fare domande, tanti chiedono se lo sport può salvare una vita. E tutti si illuminano quando ascoltano l’autore leggere uno stralcio del suo libro che parla della paura di andare avanti. È una gioia per gli occhi e per il cuore partecipare ad eventi così. I sorrisi di tutti, le parole che si ascoltano, i colori dei libri, il fermento nell’aria e la voglia di scoprire si fanno un tutt’uno con la vita. Forse non sarà il Salone del Libro più famoso al mondo, ma è stato il mio primo Salone del Libro e non avrei potuto esserne più felice. I libri fanno bene. Non so come, ma fanno sempre bene.