Normalmente non intratteneva grandi relazioni sociali. Un po’ perché non riusciva ad afferrare bene tutte le parole degli altri avventori, un po’, anzi, principalmente perché veniva considerato dagli altri poco più di un soprammobile.
“Folco l’ebete” era uno dei soprannomi più usati, ma la Antonia, la titolare del bar, amava chiamarlo più semplicemente e con vero senso materno“ el mongolo”.
Quindi, se tutto andava bene qualcuno lo salutava, altrimenti gli venivano rivolte le solite battute ignoranti o propinati i soliti scherzi da bar sport,  uno tra tutti ed il più significativo, quello della Nardini gialla: ovvero Nardini corretta piscio. Solitamente se ne incaricava l’Erle di andare in bagno con il bicchiere appena passato dalla Antonia.
Un quarto di pisciata nella turca, una buona metà abbondante sul muro davanti a lui e sulle scarpe, mentre le goccie finali, le più saporite, nel bicchiere del buon Folco.
E via così, tutti a ridere tra sessantenni buontemponi ed il Folco che molte volte vomitava anche la comunione della domenica, mentre se ne tornava a casa barcollando.
Ma dopo quella bevuta gratis e dopo che Folco aveva imboccato la via di casa, nel bar era calato uno strano silenzio.
Il gruppo capitanato da Mario Erle si era riunito attorno ad un tavolo appartato nella sala biliardi dove era rimasto ben oltre l’orario di chiusura. La Antonia, dopo aver abbassato la saracinesca li aveva raggiunti, portando in tavola una bottiglia di Prugna.
“Casso, ma secondo voi può averli vinti el mongolo tutti quei schei?”
Gli uomini smisero di parlare.
Erle si versò un bicchiere del liquore appena messo in tavola e lo tracannò avidamente.
“Ne abbiamo parlato finora. Secondo noi li ha vinti proprio lui. L’ebete, a casa, deve avere una schedina da settanta stramaledetti milioni di euro.”
Qualcuno bestemmiò. La Antonia si associò a quel qualcuno, superandolo però di dieci lunghezze, per quanto riguardava la fantasia degli aggettivi.
“Copemolo” sussurrò uno dei presenti a denti stretti.
“Si, vacca dine, copemolo.” si affrettò ad aggiungere un suo compare.
La bottiglia di Prugna andò rapidamente ad esaurirsi.
Mario Erle fece stare zitti tutti con un pugno sul tavolo, quindi osservò la Antonia.
“Tu lo faresti?”
La donna rispose di “sì” come se si trattasse di decidere se andare o meno alla festa dell’unità del paese.
“Bene, allora siamo tutti. Otto persone, otto divisioni. Ma lo faremo assieme.  Il primo che parla di questa storia finisce cadavere, assieme all’ebete,  dentro al letamaio che ho dietro casa. E’ chiaro signori?”
Ci fu un sì collettivo.