Intervista a Valentina Sbrescia a cura di Giorgio Cracco per Sugarpulp MAGAZINE.

Valentina Sbrescia, Ph by Amalia D’Onofrio
Valentina Sbrescia, Ph by Amalia D’Onofrio

Valentina Sbrescia, giovane modella napoletana con base nella capitale italiana della moda, Milano, non ama le etichette.

Come tutte le personalità forti e creative, non le va di essere incasellata secondo chiavi di lettura che siano troppo conosciute e riconoscibili, al punto da diventare quasi dei cliché.

Infatti, avere le idee chiare e sentire dentro di sé una potente spinta ad emergere a tutto può portare tranne che ad una visione ordinaria di sé stessi e tanto meno di quel meraviglioso ed irrequieto arcobaleno che è la vita di un artista.

Perché, se stiamo parlando di Valentina Sbrescia, la persona che si ha di fronte è esattamente questo: un’artista a tutto tondo. L’intervista che segue vuole portarvi a tu per tu con qualcuno che vive l’espressione “more than meets the eye” particolarmente alla lettera.

Buon divertimento. 

Intervista a Valentina Sbrescia

Tra le tue molteplici competenze e attitudini professionali ci sono la recitazione, il ballo, la scrittura, la consulenza d’immagine e naturalmente la carriera di modella. L’impressione è quella di trovarsi davanti ad una personalità artistica dalle mille inclinazioni creative e dalla volontà di ferro. Ti ci ritrovi in questo ritratto? Ci puoi dire se hai sempre avuto le idee così chiare su quello che vuoi fare e come è nato tutto questo? Come è cominciata la tua carriera?

Essendo una persona decisamente poliedrica, non riesco a vedermi in nessun ritratto. Non trovo nulla di completo a tal punto da rappresentarmi totalmente. Ho anche un diploma come operatrice nel settore moda, avrei potuto fare la stylist. Sono appassionata di astrologia, esoterismo, spiritualità (che non significa solo religione, eh!), erboristica, cristalloterapia… Mi informo molto su queste cose. Provo a studiacchiare da autodidatta. Il mio primo amore, però, è stato la storia. A sette anni avevo deciso che da grande avrei fatto l’archeologa. E ancora oggi sono tentata di tornare all’università per rimettermi a studiare e diventarlo. Da piccola, in quegli stessi anni, mi piaceva ballare e cantare davanti allo specchio, scimmiottando le esibizioni che vedevo in tv. Usavo la spazzola come microfono. Per quanto riguarda la scrittura, ho sempre scritto cose mie. Sempre. Da quando ho imparato a leggere. E’ una passione che è nata con me ed è parte di me più di ogni altra. La carriera da modella, invece, è iniziata per caso. Non avrei mai pensato di poter fare questo lavoro. Sono stata vittima di bullismo sia alle elementari che alle medie. Figuriamoci se mi poteva venire in mente di entrare in questo mondo! A quindici anni sono andata a Roma per un provino per un film e un talent scout mi ha detto: “Sei alta, hai ottime misure, ti poni bene davanti alla fotocamera, perché non provi a fare la modella? Ti andrebbe?” Ho guardato mia mamma e ho risposto: “Sì, perché no?”

Sei di origini napoletane e hai eletto Milano come centro principale dei tuoi interessi lavorativi. Che differenze riscontri, sul piano delle opportunità professionali e del modo di lavorare nel mondo della moda e dello spettacolo, tra il nord e il sud dell’Italia, Paese che della cultura e della creatività ha fatto dei brand da esportare in tutto il mondo?

Io amo Napoli, perdutamente. Però c’è da dire che, come molti miei concittadini, non ho ricevuto particolari stimoli o incentivi a rimanere. E l’unica scelta purtroppo è andare altrove. Esempio pratico? A Napoli ci sono poche agenzie e quelle poche che ci sono ingaggiano modelle seguendo un unico canone estetico. Le rare volte che ho fatto dei casting a Napoli non sono mai stata presa. Magari perché non ho un seno prosperoso o perché non sono abbastanza mediterranea, o bionda, con gli occhi azzurri. Non interessa se sai sfilare o se posi benissimo, a loro importa solo della bellezza indiscussa, la particolarità individuale non è roba per loro. Hanno degli standard precisi e imprescindibili, anche se alcuni sono abbastanza discutibili. Io, ora, non mi reputo una bellezza assoluta, però so posare molto bene. Mentre a Napoli quasi nessuno si preoccupa di dire “diamole una possibilità, mettiamola alla prova”, a Milano questo me lo riconoscono. A Milano lavoro con un’agenzia, e ce ne sono altre che mi farebbero un contratto. A Napoli no. Non sanno vedere oltre. Però c’è da dire che a Napoli collaboro da anni con varie persone che, avendo visto come lavoro, sono rimaste colpite e quindi mi chiamano sempre. Per fortuna non posso fare di tutta l’erba un fascio.

Nella tua esperienza come modella, ti è capitato di sentirti in famiglia con le persone con cui hai lavorato? La spinta creativa, la tensione verso risultati sempre al top, tutta l’energia che muove e si muove nel mondo del fashion porta alla fine a percepirsi famiglia, gruppo coeso, appartenenti alla stessa tribù unita? O si rimane per lo più “colleghi” e quindi ognuno per la sua strada? Come vivi i rapporti personali nel tuo ambiente?

Negli ultimi tempi, a Milano, ho avuto la fortuna di fare delle bellissime amicizie. Molte, a dire la verità. Modelle, anche di agenzie diverse. Ho aiutato qualcuna di loro in momenti di sconforto, come loro avrebbero fatto con me. Non vedo cattiverie, né invidie, nulla di nulla. Cose che a Napoli, al contrario, ho notato spesso, purtroppo. C’è poco e per quel poco la gente si azzuffa, si prende per i capelli (metaforicamente parlando). C’è un detto che recita: “Nessuno ti dice lavati la faccia, che sei più bella di me.” Che vuol dire che le persone non cercano di correggerti, perché sanno che brilleresti più di loro. A Milano, se devo andare ad una serata, ad esempio, un’amica (magari anche lei modella e invitata alla stessa serata) potrebbe dirmi: “Ho dei tacchi che con il tuo abito starebbero benissimo, li devi mettere assolutamente!” Quasi tutte le mie amicizie provengono da luoghi al di fuori dell’Italia, dove probabilmente sostenersi a vicenda è un sentimento più naturale della rivalità. E’ questo quello in cui credo. Io aiuto e sostengo gli altri, sempre, a Milano, Napoli, come ovunque. Anche se a volte significa darsi la zappa sui piedi. A Milano mi sono capitati degli episodi non proprio carini, con italiani. Quindi credo che più che un problema di Napoli, sia un problema dell’Italia. Tutti affamati, tutti di corsa per cercare di raggiungere o ottenere qualcosa senza badare all’altro. Anzi, disposti a calpestarti pur di riuscire ad emergere. Ho imparato a non farmi calpestare, e anche a brillare. Con la differenza che io non voglio spegnere nessuno. 

Già con una semplice occhiata ai tuoi profili social, si nota subito come le tue foto siano in genere molto ricercate. È frutto di una tua scelta, di una selezione dei lavori e dei collaboratori particolarmente accurata o è più il risultato di una scelta di fotografi, brand e stilisti che si rivolgono a te quando cercano una modella dalla spiccata classe e raffinatezza?

Diciamo che scelgo io cosa pubblicare sui social, se scegliessero gli altri avrei molti più followers probabilmente! (ride) Però sì, ciò che pubblico mi permette di essere notata da chi cerca una figura elegante, fine. Sono stata contattata anche da chi ha riconosciuto la mia versatilità e ho esplorato i miei limiti scoprendo di non averli ancora raggiunti. Una volta ho scattato una campagna vestita da uomo in atteggiamenti da gangster. E non mi è costata la minima fatica. Come se facesse tutto parte di me.

Quanto conta per te la carriera di attrice? Che aspirazioni hai in questo campo?

Sto studiando tanto e duramente, spero che un domani tutti i miei sforzi (e sacrifici, perché passo molte ore al giorno con la testa sui libri, quando è possibile) vengano ripagati. Non ho la presunzione di avere chissà quali pretese, ma so quello che posso dare e credo che, continuando con costanza e determinazione, presto arriveranno i frutti.

Le tue partecipazioni in video musicali si fanno sempre più frequenti. Artisti come Alma e Rueka, Luis Navarro, Khaled Shaban, Pelle, Raphael Gualazzi e Levante ti hanno avuto nei video delle loro ultime hit. Che tipo di sensazioni e di soddisfazioni ti dà questo specifico segmento della tua vita artistica?

Ho preso parte a molti video, oltre a quelli che hai citato. Lo faccio per divertirmi e per fare gavetta sul set. Il video di Khaled l’ho scritto io. Come anche la parte in inglese della canzone. Non sempre accetto di partecipare ad un video, valuto molte cose prima. Ne ho rifiutati due di recente. Non erano nel mio stile.

Nella moda, come nel cinema o nella tv, si può stare di fronte o dietro l’obiettivo o la macchina da presa. Tu ti vedi, un domani, dall’altra parte della barricata?

“Purtroppo” sì. Dico purtroppo perché per ora è un’aspirazione latente, ma che mi crea comunque dei problemi. Vorrei mettere le mani su tutto. Dare suggerimenti non richiesti. Mi limito a fare la direzione creativa di alcuni editorial di moda, per ora. Sono una persona che visualizza il risultato quasi prima dell’idea che ne è il punto di partenza, vedo le cose come ritengo debbano essere fatte, nel minimo dettaglio. Se provo una scena a teatro, ad esempio, correggo all’attore accanto a me perfino il movimento delle dita, a prima vista irrilevante, ma secondo me importante. Anche se non sarebbe mio compito farlo.

Nel 2018 hai pubblicato “Ebano”, il tuo primo libro, una raccolta di poesie che è stata piuttosto apprezzata. Parlaci di questo lavoro, della sua genesi creativa e del tuo rapporto con la scrittura. A quando un’opera seconda?

Questo libro è nato per un’esigenza di carattere personale, non volevo nemmeno pubblicarlo inizialmente. Perché è qualcosa di veramente mio, intimo, una parte di me. Non è facile mettersi a nudo di fronte ai propri lettori, rivolgersi a persone che non conosci per raccontare di qualcosa che ti ha segnato. Come dicevo in risposta alla prima domanda, la scrittura ha sempre fatto parte di me e della mia vita. Ho un ricordo delle elementari, la maestra che mi metteva “Ottimo” sul temino, nel quale ci aveva chiesto di inventare una storia, e poi mi spronava dicendo: “Vai in tutte le classi e fallo leggere alle altre maestre”. Quando i miei genitori erano piccoli si usava mandare gli alunni in giro per la scuola con un cartello con scritto “asino” e con un buffo copricapo fatto con un giornale, se facevano i monelli o erano poco brillanti nello studio. Invece io alle elementari ho avuto questa maestra. Rosa, mi pare si chiamasse…Era di una dolcezza immensa. Non ti umiliava per gli errori, ma anzi, se facevi bene, ci teneva che lo sapessero tutti. Sono stata fortunata con le prof di italiano anche alle medie e, soprattutto, alle superiori. La mia prof, Espedita, è stata una guida per cinque anni e mi ha trasmesso la passione per la letteratura. Sto scrivendo il mio secondo libro. Sarà diverso dal primo, non posso scrivere sempre di me…Non ho una vita così interessante!

Tornando alla realtà della moda, racconta ai non addetti ai lavori com’è la vita di una giovane modella. Quali sono le scelte e i sacrifici che si devono compiere per conquistarsi uno spazio e costruirsi una carriera in questo business?

Scelte e sacrifici, esatto. Come lasciare la propria casa, svegliarsi prestissimo tutte le mattine. Fare tantissimi casting al giorno, spesso con orari ravvicinati, e magari in zone di Milano lontane l’una dall’altra. Senza garanzia di essere presa, ovviamente. Ogni modella, su cento casting che fa, viene scelta all’incirca solo per quindici/venti lavori. A volte mi è capitato di dovermi svegliare alle 04:30 per andare sul set. Devi prenderti molto cura di te stessa, bere tanta acqua, allenarti, non esagerare con il junk food. I segreti per costruire qualcosa di duraturo sono professionalità, pazienza e perseveranza. E anche fare di testa propria ogni tanto. Il mio agente mi rimprovera di non stare a sentire nessuno. Un po’ è vero, lo riconosco. Sono testarda, piena di idee e con le idee chiare. Non è presunzione, ma un’esigenza. E non dell’ego, ma dell’anima. Io credo che non si abbia nulla da perdere nel fare ciò che ci si sente o nell’esprimersi liberamente. Anche se una certa dose di rischio, nel concetto stesso di vivere liberi, c’è sempre. Mi è d’aiuto l’essere abbastanza difficile da ingannare, quindi amo definirmi la manager di me stessa. Non sono mai scesa a compromessi e mai lo farò, e nemmeno mi sono mai messa in situazioni tali da incentivare proposte strane. Mi è successo comunque di riceverne, ma, per come sono fatta io, in quei casi, scusa il termine, sputtano senza pietà. Ho una testa, insomma, e mi va di usarla. E’ questa la parte più divertente, più stimolante. Cercare di capire come fare per arrivare ai miei obiettivi, tracciare una strada, percorrerla. I compromessi sono più noiosi. Comodi magari, ma portandoti velocemente a destinazione, ti fanno, come dire, perdere l’esperienza del viaggio necessario per arrivarci. Decisamente non fa per me. Poi, lo ammetto, i consigli di chi ne sa di più di te bisognerebbe sempre ascoltarli! Ma questo è un altro discorso. Un consiglio che mi sento di dare è di non fidarsi delle agenzie che chiedono soldi per iscrizioni, corsi, foto, ecc. Quelle prendono cani e porci, non investono realmente su di te. Guadagnano con il materiale che ti stanno vendendo, e non con le percentuali su lavori che non si avranno mai. Purtroppo nel mondo della moda ci sono dei canoni da rispettare, altezza e misure sono imprescindibili. Certo, le cose si stanno evolvendo, ma non è ancora il momento per un cambiamento radicale. C’è differenza tra un (bellissimo e utilissimo) messaggio lanciato per l’accettazione della diversità e ciò che vediamo in passerella. In passerella è ancora tutto come una volta. Agenzie, modelle, altezza, misure e attitude. Bisogna avere una camminata che spiazzi, bisogna saper posare e far trasparire il proprio carattere senza l’uso della parola. Spesso vedo ragazze, assolutamente inadatte a questo lavoro, che si definiscono “modelle” solo per aver partecipato ad un concorso di bellezza (i concorsi sono aperti a tutti, ricordiamolo) e per essersi fatte fare tre foto dall’amico. Non funziona così. E’ il motivo per cui questo lavoro, soprattutto nel sud, non è preso abbastanza sul serio. Come se tutti potessero farlo. Non basta neppure essere una bellezza indiscussa. Essere bellissime, alte e con le misure giuste non vuol dire automaticamente essere modelle. Se non sai posare e non hai carattere, non hai speranze di lavorare. E’ così. Figuriamoci quando manca tutto. Io non mi sento di contestare determinati canoni. Perché l’altezza e le misure servono per valorizzare al meglio il capo in passerella. Meglio si vede, meglio si vende. Ma non ritengo neppure di doverli sposare al cento per cento, certi canoni e criteri. Perché è anche vero che gli stessi capi saranno acquistati e indossati da persone che non necessariamente avranno fisici statuari. La moda è una ruota che gira. E senza lanciare messaggi sbagliati, alla fine. Quella dell’anoressia delle modelle è una leggenda metropolitana nel 90% dei casi. In realtà si tratta di costituzione fisica. Anni fa mi davano dell’anoressica perché in effetti lo sembravo. Però l’anoressia è una malattia seria e, per fortuna, io non ce l’avevo. Era la mia costituzione, nonostante mangiassi più di molte altre persone. Sfatiamo un altro mito. Noi modelle abbiamo le smagliature. E non ce le coprono con trucco o photoshop, come magari avrebbero fatto dieci anni fa.

Whatever you are, be a good one”. Tra le tue citazioni preferite, c’è questa frase di Abramo Lincoln. Tu pensi di esserci riuscita a capire davvero chi sei o cosa vuoi essere e, soprattutto, ad essere “a good one”? Cosa vedi nel tuo futuro, come artista e come persona?

Io sono ancora un work in progress. Una volta ho letto una frase che mi ha molto colpita, “soy lo que hago para descubrir lo que soy” ovvero “sono quel che faccio per scoprire chi sono”. Mi ci rivedo molto. Ho diversi bei progetti in cantiere, di vario tipo. Io voglio essere una persona che dà tutto quello che ha dentro. Ma che dà in maniera costruttiva, in modo cioè che quello che ho da dare possa arrivare e servire agli altri. La mia vita non è stata facile, e nemmeno l’infanzia. Ho incontrato molti ostacoli. Ma ho anche un obiettivo che finora è stato più forte di tutto. In ogni cosa che faccio c’è uno scopo morale dietro. Questo per quanto riguarda il mio lato artistico. Come persona, invece, vorrei prima o poi una famiglia mia. Più prima che poi. Magari è presto alla mia età, però se fino a qualche tempo fa l’idea non mi allettava particolarmente, ora sta iniziando a piacermi. Mi immagino ad imbiancare casa sporca di vernice, mentre cerco di studiare per la laurea. Vorrei anche adottare un cane. Mi vedo col pancione. Penso a quel povero cristo che mi dovrà sopportare, quando di notte avrò voglie strane, per poi mettersi in auto per cercare chissà che cosa. Mi fa sorridere immaginare queste cose. Cose semplici, ma non scontate. Dev’essere bello avere tutto questo nella propria vita e non vedo l’ora che succeda a me. Sto lavorando molto sulla mia crescita personale e anche su quella spirituale. Quindi, anche se al momento le mie priorità sono altre, mi sento pronta a vivere questi nuovi capitoli della mia vita.

To be continued…

Valentina Sbrescia non ha neppure ventiquattro anni.  Nel suo caso, quindi, the best is yet to come.

Se, come è lecito aspettarsi, il futuro sarà erede razionale, con cuore ed anima, di un vissuto finora seminato con estro verace e giusto criterio, se ne vedranno (e leggeranno) delle belle.

In bocca al lupo, Valentina Sbrescia.

To be continued…