X-Men: Apocalisse, la recensione di Danilo Villani per Sugarpulp MAGAZINE
X-Men: Apocalisse ci presenta il mutante per eccellenza, colui che è sempre esistito, dotato dell’enorme potere di fagocitare le facoltà degli altri mutanti. En Sabah Nur, questo il nome di colui che Charles Xavier, Erik Lensherr e tutti i componenti il gruppo degli X-Men dovranno fronteggiare. Nono episodio del franchise dedicato alla “diversità”, il film sviluppa la sua trama nel 1983 esattamente dieci anni dopo i fatti di Parigi e Washington. La scuola per giovani dotati del professor Xavier accoglie nuovi allievi, Raven alias Mystica ha assunto l’aura di eroina a livello globale mentre Erik alias Magneto, perennemente in fuga, ha pensato bene di tirar su famiglia in Polonia sotto le mentite spoglie di operaio siderurgico.
Ritroviamo anche l’agente CIA Moira McTaggert che tra indagini e pedinamenti vedrà finalmente dischiusi, in maniera reciproca, i sentimenti tra lei e Charles nonché Jean Grey in versione teen non ancora conscia dei suoi potenti poteri. Diretta con mirabile, ça va sans dire, maestria da Bryan Singer, X-Men: Apocalisse è imperniato sull’eterno dilemma della diversità che viene estremizzato nel cattivo di turno, questo Apocalisse il cui scopo è distruggere le civiltà umane per poi ricrearne delle nuove secondo i suoi dettami da mutante assoluto. Dilemma che forse appare dopo svariati anni abbastanza eviscerato ed è forse per questo che è stato dato ampio spazio agli effetti speciali naturalmente imperniati sulle facoltà dei protagonisti tra cui Quicksilver che si esibisce nel salvataggio degli allievi da morte certa a velocità supersonica con il sottofondo di “Sweet Dreams” degli Eurythmics.
Due belle citazioni:
- quattro allievi della scuola decidono per un momento di svago. Vengono inquadrati all’uscita di un cinema dove si proietta Il ritorno dello Jedi.
- Charles nei suoi soliti sermoni a Erik: c’è del buono in te, lo sento!
Forse due messaggi subliminali diretti a George Lucas per il suo ritorno dietro la macchina da presa per l’VIII episodio? Chissà. Ad ogni modo: da vedere per due ore e più di puro divertimento.