CAUGHT BY THE TIDES, la recensione di Giacomo Brunoro del film di Jia Zhangke in concorso alla 77esima edizione del Festival di Cannes.

CAUGHT BY THE TIDES di Jia Zhangke, presentato in concorso al 77esimo Festival di Cannes, è un film importante. Un film non facile (quasi assenti i dialoghi), soprattutto per un occidentale che difficilmente riesce a cogliere i riferimenti e i sottotesti presenti nell’opera del regista cinese.

Jia Zhangke ci presenta una lunga storia d’amore, se così si può chiamare, tra un uomo e una donna che vivono i cambiamenti epocali della Cina del terzo millennio. Il maestro cinese, che con questo film è per la settima volta in concorso a Cannes, nella prima parte utilizza molte riprese amatoriali, ottenendo un effetto quasi documentaristico.

Il cinema osserva la vita

Come ho accennato in precedenza i dialoghi sono quasi assenti, mentre è molto presente la musica, come se ci trovassimo di fronte a un video clip. Musica che, soprattutto nella prima parte, racconta in maniera semplice e diretta l’evoluzione e i cambiamenti della società cinese.

Sì perché la vera protagonista di questa storia è la Cina e la sua incredibile evoluzione, un’evoluzione che l’ha portata a vivere una trasformazione radicale del suo territorio e del suo tessuto sociale. Zhangke, quasi con tono voyeristico, si limita a osservare, come se non esistesse una messa in scena. Esiste solo la vita che scorre, come del resto ha affermato lo stesso cineasta:

Proprio come guardiamo un albero crescere, il cinema osserva la vita vissuta.

Una dichiarazione forte che racchiude il senso di una poetica e di una visione artistica ben precise. CAUGHT BY THE TIDES è un vero racconto per immagini, un recupero del senso primordiale e intimo di quello che è il cinema.

Vite che scorrono inconsapevoli

Molto intense le interpretazioni dei due attori protagonisti, Zhao Tao (nel ruolo di Qiao Qiao) e Li Zhubin (nel ruolo di Bin). I loro personaggi vivono, trascinati dalla marea della storia, esistenze marginali fatte di dure lotte quotidiane e di scelte (o non scelte) difficilmente comprensibili se viste dal di fuori.

Del resto anche noi, come Jia Zhangke, non possiamo giudicare le vite e le scelte degli altri, dobbiamo limitarci a guardarle scorrere. Spesso succede anche con le nostre vite, possiamo solo guardarle scorrere.

Tra i riflessi di questo sguardo malinconico e consapevole ritroviamo la poesia di un regista che ha raccontato una storia su cui riflettere lentamente, dimenticando i ritmi narrativi a cui siamo abituati.