Apocalypto è un lavoro di genere solido e maturo che riesce a lasciare il segno

Mel Gibson, dopo l’esordio registico intimista de L’uomo senza volto (1993), si è successivamente specializzato nel genere storico, seppure rivitalizzato da una robusta commistione con l’action e il war movie – Braveheart – , se non addirittura con l’horror – la sua celebre hit del 2004, La passione di Cristo.

Apocalypto, adrenalinico film d’azione ambientato ai tempi della decadenza della civiltà Maya, nell’imminenza dello scontro cruciale con i Conquistadores spagnoli, si inserisce con piena continuità nella filmografia sanguigna e personalissima di un autore – comunque la si voglia pensare – sempre interessante e mai banale.

La tranquilla esistenza di Zampa di Giaguaro (l’intenso Rudy Youngblood, una bella rivelazione) e della sua gente viene spazzata via per sempre dall’attacco di un gruppo di sanguinari guerrieri Maya, che ne saccheggiano il villaggio alla ricerca di uomini e donne da ridurre in schiavitù.

Apocalypto

Condotto alla città nemica, e destinato ad essere offerto in sacrificio agli dei per placare la sete di sangue del popolo, il giovane Zampa di Giaguaro riesce a fuggire per una serie di circostanze fortunate, per ritrovarsi poi – inseguito dagli ex carcerieri – ad essere il piatto principale di una furibonda caccia all’uomo nella giungla.

Apocalypto, scritto dallo stesso Mel Gibson con Farhad Safinia, non è, appunto, altro che un riuscito e ben diretto action movie ambientato in un’epoca e in una terra (relativamente) lontane, il cui unico – e pienamente raggiunto – scopo è quello di garantire un coinvolgente e viscerale entertainment al proprio pubblico.

La pellicola – una produzione Bruce Davey, in partnership con Gibson e Farhad Safinia – , che si avvale della bella fotografia dell’esperto Dean Semler, si dimostra ben presto scevra da ogni ambizione realmente “alta” o snobisticamente autoriale, impostata com’è, fin dal suo incipit, secondo la classica struttura tripartita – prologo, crisi, riscatto/vendetta del protagonista – del collaudato cinema d’azione made in USA.

Dicendo questo non si vogliono certo sminuire le qualità complessive dell’opera, anzi: il film è diretto da Gibson con mano sicura e grande personalità – con l’ex-Arma Letale abile nell’infondere al racconto vigore e ritmo lungo tutti i quasi 140 minuti della sua durata -, con uno stile solo all’apparenza grezzo e “immediato”, ma in realtà di una notevole eleganza formale, capace di non mollare la presa sullo spettatore fino all’ultima sequenza.

Apocalypto

Apocalypto ha, insomma, il piacevole respiro classico e la semplicità del bel cinema d’avventura vecchia scuola e si dimostra, inoltre, in grado di mantenere quella promessa di intrattenimento “totale” che – nell’era dei test screening isterici e degli insipidi blockbuster prefabbricati dai vari Bruckheimer di turno – spesso e volentieri oggi finisce per perdersi tra i tortuosi corridoi degli Studios.

Certo, negli occasionali scontri corpo a corpo, concentrati soprattutto nella seconda parte del film, la violenza non manca – nei momenti realmente “forti”, però, Gibson preferisce volgere altrove lo sguardo della cinepresa, alla faccia di chi continua a pensarne male a prescindere- , ma è funzionale alla storia e tutt’altro che compiaciuta.

Apocalypto è, in conclusione, un lavoro di genere solido e maturo – confezionato con un innegabile gusto nello stuzzicare la sopita coscienza del placido pubblico mainstream – , che riesce benissimo in ciò che dovrebbe essere la prerogativa di ogni lungometraggio degno di questo nome, e cioè lasciare il segno.