I giorni seguenti non furono migliori. Elio fu sottoposto a una serie di interrogatori e test. La sua versione dei fatti era lacunosa e, a volte, fantasiosa. Fu accusato dai superiori di inadeguatezza e gli venne prescritto un periodo di riposo. Neppure suo suocero poté aiutarlo.
Di tutti i colleghi che aveva alla questura solo Rizzo lo andò a trovare pochi giorni dopo i fatti della villa dei mostri. Gli raccontò di come il Trevisan avesse contattato una banda di rapinatori albanesi attraverso internet e di come avesse messo in piedi la rapina alla villa dei mostri. Gli albanesi erano alla loro prima rapina in grande stile, anche se si dicevano professionisti. In realtà erano mercenari sfigati in cerca di una guerra. E guerra avevano trovato. I kalashnikov c’erano veramente, ma erano due e piuttosto male in arnese.

L’architetto Trevisan aveva una lunga storia di degenze in centri di salute mentale, questo non toglieva che nel suo lavoro fosse un genio. Ciliegina sulla torta: i genitori del ragazzino morto durante il sequestro volevano la testa di Elio.