Ciao barbabietole,
il giorno dopo la sbornia mondiale per la Furie Rosse torniamo più determinati che mai. Questa settimana infatti abbiamo deciso di inserirci all’interno di una polemica lanciata dallo scrittore Emanuele Tonon sulle pagine del Gazzettino (qui a lato trovate l’immagine dell’articolo) e ripresa poi da Massimiliano Santarossa su Affari Italiani.
Secondo i due autori nordestini infatti qui dalle nostre parti i “giovani” scrittori non parlano di fabbrica anzi, non parlano addirittura della realtà sociale che caratterizza il nostro territorio.
Noi di Sugarpulp quando leggiamo certe cose non riusciamo proprio a stare zitti: ecco dunque la risposta all’intervento di Massimiliano Santarossa pubblicata da Matteo Righetto su Facebook, risposta che ha fatto nascere subito una vivissima discussione (trovate tutto qui).
“Caro Massimiliano,
A proposito della tua invitante provocazione e dell’articolo pubblicato sul Gazzettino qualche giorno fa a firma di Frigo, mi permetto di fare alcune brevissime e personali considerazioni che – sia chiaro fin d’ora – non intendo muovere con intento polemico, bensì al contrario con il desiderio appassionato di intavolare un piacevole e interessante confronto di idee.
![Savana Padana](https://i0.wp.com/sugarpulp.it/wp-content/uploads/35074_1516155865008_1267825596_1384967_7745880_n.jpg?resize=163%2C217)
La locandina del Mattino di Padova dedicata alle polemiche nate dopo la pubblicazione di Savana Padana
“La fabbrica”, anche metaforicamente intesa, a mio modo di vedere non esiste più da un bel pezzo e appartiene oramai più ad un romantico immaginario collettivo del passato, che alla odierna realtà sociale. Tale realtà poi, tu lo sai bene, è oggigiorno più liquida e mutevole che mai, così come deve necessariamente esserlo una Letteratura che intenda raccontarla, pena un inevitabile e imbarazzante anacronismo autoreferenziale.
E’ pertanto ora, riprendendo una tua frase, che i VECCHI scrittori del nordest ne prendano atto e la smettano di scrivere storie farcite soprattutto di un solipsismo novecentesco che ruota attorno all’ombelico dei loro stessi autori. Poiché sono proprio loro, anche tra i nomi che tu citi come riferimenti, quelli che non riescono più a leggere la realtà (se mai ne sono stati capaci).
E per concludere permettimi di dire che il movimento Sugarpulp e i giovani autori nordestini che vi afferiscono (alcuni li conosci bene) qualcosa di nuovo e originale lo stanno proponendo eccome, così come stanno proponendo una nuova e – paradossalmente – “realistica” lettura del tessuto sociale che caratterizza la nostra terra.
Perché qualunque racconto di Sugarpulp – ancorché apparentemente iperbolico, eccessivo, grottesco- riesce a raccontare la realtà molto meglio di quanto non facciano i racconti di alcuni autori che finiscono sempre sui giornali per pontificare di Letteratura a Nordest, salvo poi risultare stucchevolmente avulsi dal mondo che li circonda.
Con infinita stima,
Matteo”.
Mi pare una bella lotta tra chi propugna il “fantastico” come genere letterario per eccellenza, “disdegnando” in qualche modo chi si limita a scrivere romanzi realistici e chi invece (io sono tra questi) crede che si debba passare necessariamente per il reale se si voglia “dire” qualcosa di efficace, utile, sensato. Credo più che mai alla letteratura come scandaglio critico dello stato di cose esistente. Come direbbe D’Andrea G.L.: “quando sento pronunciare la parola ‘tolkien’, metto mano al revolver”. Ecco, appunto…
LE MOLTEPLICI FACCE DEL REALISMO LETTERARIO NEL NORDEST-TUTTE DI PARI DIGNITA’
Caro Desian,
ti invito a seguirci di più e a frequentare sia il sito sia le nostre numerose iniziative, perché forse così ti accorgerai che il “Fantastico” con Sugarpulp c’entra come la neve col clima che c’è fuori in questi giorni.
E in ogni caso preciso che il dibattito in atto non rappresenta una “lotta”, bensì un franco dibattito e un civile confronto di idee tra chi (Santarossa) con le proprie affermazioni ha sotteso l’idea per la quale gli scrittori debbano necessariamente essere “impegnati socialmente e politicamente” per ottenere ed esibire la patente di buoni e rispettabili narratori e chi invece (come noi di Sugarpulp) rivendica il diritto di raccontare -con pari dignità letteraria- altri aspetti della stessa realtà, altrettanto vera quanto può esserlo quella osservata e raccontata da chi per primo ha fatto nascere questa polemica dalle pagine del Gazzettino e da quelle di Affari Italiani. Oltre al fatto che, secondo noi, la “Fabbrica” non esiste più da un bel pezzo, o almeno, che nel tessuto sociale odierno essa non riveste più quell’importanza cruciale che ha avuto decenni fa. Quel realismo della fabbrica di cui Santarossa parla, altro non è che un retaggio romantico scomparso ben prima dell’avvento degli anni ’00, contraddistinti, nel Nordest come in tutto l’Occidente, dalla precarizzazione, dalla flessibilità del lavoro, dalla massificazione, da delicatissimi e massicci flussi migratori, da una profondissima crisi culturale, dalla crisi economica, da una criminalità che si manifesta in maniera sempre più violenta, dalla permanenza nella società rurale di un retaggio culturale pazzesco, da una società stuprata cerebralmente dai media (soprattutto televisivi), dalla diffusione dei social network in tutte le famiglie e da molte, moltissime altre cose. Se poi tutto questo viene raccontato in chiave grottesca, noir e pulp, che male c’è? E’ un punto di osservazione legittimo e originale, mi pare, no? Quando Sugarpulp ha ospitato Joe R. Lansdale a Padova nel mese di Maggio, lo sai come si è presentato (e parlo di uno che vende milioni di copie in tutto il mondo)? Big Joe ha detto: “Scrivo pulp perché è il genere letterario migliore per cogliere e raccontare la realtà odierna.” Suo punto di vista e io la penso come lui. Perciò, “unicuique suum” chiaramente, e ognuno racconti la realtà con i propri occhi e attraverso le proprie lenti, ma il concetto di fabbrica secondo noi con la realtà italiana di oggi non c’entra granché nel momento in cui si pretenda di fare i “realisti impegnati”. Ciò detto, nessuno ce l’ha né con Santarossa, né con Tonon (autore di uno splendido-davvero splendido- romanzo), bensì con ciò che essi hanno affermato. In primis perché hanno dimostrato di ignorare realtà narrative del Nordest “altre” dalle loro, ma anche perché con certe affermazioni hanno avuto la supponenza di fare un anacronistico e inaccettabile distinguo tra una sedicente “letteratura alta” (la loro) e una letteratura bassa (tutto il resto). Grandi scrittori, per carità, ma secondo noi hanno detto una cazzata. E forse anche più d’una, nel momento in cui Santarossa ha detto che nel Nordest in buona sostanza vi sono solo due tipi di scrittori: da una parte lui e Tonon (sulla scia di un passato glorioso della letteratura veneta d’impegno), dall’altra gli scrittori di Fantasy. Sigh! Tutto qui? Una visione abbastanza banale per chi lavora nell’editoria da diversi anni. Dove sta scritto che un bravo scrittore non possa dire anche qualche cazzata?
E poi permettimi di dire che sono stufo dei pregiudizi nei confronti della letteratura rivolta ad un ampio pubblico, poiché a differenza dell’Ottocento e della prima metà del Novecento, quando la Letteratura e la lettura erano un raffinato passatempo ad uso e consumo esclusivo dell’alta società, oggi essa ha il dovere morale, sociale e culturale di rivolgersi ad un pubblico vasto. Questo pregiudizio infatti si basa su un “distinguo” snob, tanto passatista quanto inaccettabile nell’ambito della società massificata nella quale viviamo, Nordest compreso. E poi, tra l’altro, mi si contesti il fatto che Dante e Mozart, solo per citare due geni, non fossero pop! Io piuttosto penso che si debba fare distinzione tra libri belli e libri brutti, senza discrimini ideologici e spocchiosi per i quali le lodi e gli inchini da dedicare ad un’opera sono inversamente proporzionali al suo successo commerciale e direttamente proporzionali al suo impegno politico, salvo poi lamentarsi che in Italia nessuno legge più libri (e anche questo dovrebbe ben capirlo, uno che lavora nell’editoria da anni…). Forse si legge meno perché siamo diventati tutti stupidi? No, io credo che ovviamente si tratti di un triste fenomeno dovuto a cause molteplici, fra le quali però anche il fatto che la gente, e soprattutto i più giovani lettori, si sono probabilmente rotti le palle di sentir parlare di “fabbrica”.
Per concludere, caro Desian, te lo ripeto a chiare lettere: SUGARPULP COL FANTASY NON C’ENTRA UN CAZZO!
Ad Maiora,
Matteo Righetto
Non ho capito gran ché della disputa, ma trovo che le barbabietole insanguinate stiano facendo un bellissimo lavoro. Chi ama i libri, li ama tutti, ancora con ‘sta divisione di letteratura alta e bassa e realista e non e pulp e realismo da fabbrica etc. Io leggo il Gattopardo e Dylan Dog con eguale interesse e gusto e mi piacciono tutti e due. Non so se questo c’entri, però credo che sia l’unica cosa che conti quando si parla di libri… e lettura. E poi, che diavolo è la realtà, oggi? Mi sembra che ce ne siano molte…di realtà.
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