Priscilla, la recensione di Silvia Gorgi del film di Sofia Coppola in concorso all’80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

Non rischia nulla Sofia Coppola. Porta in scena una versione supersafe della storia d’amore fra Elvis e Priscilla, narrandola dal punto di vista di Priscilla, interpretata da Cailee Spaeny – la vera Priscilla qui produce.

Una favola rosa con piccole punte d’emancipazione, in cui non si oscura il mito di Elvis, e si raccontano, solo in maniera molto soft, le sue ombre, le sue inquietudini, e s’impacchetta una gran bella confezione, chic, elegante, una vicenda, a tratti romantica, che potrebbe piacere alle ragazzine, dal gusto giustamente pop.

Un bel pacchetto regalo, dunque, con il fiocco sopra, rosa, questo Priscilla, che non è male da vedere, una pellicola godibile, con, un protagonista maschile, l’attore australiano Jacob Elordi, la cui bellezza non sfuggirà al pubblico femminile.

Nella gabbia dorata di Graceland

Ma l’autrice Coppola non lascia traccia, e la sua Priscilla, la ragazzina scelta dal Mito è quasi perfetta, quasi santa, senza macchia, sempre in balia di qualcosa di più grande, mai davvero dentro la situazione.

In concorso a Venezia 80, tratto dal libro Elvis and me di Priscilla Presley (pubblicato nel 1985), la piccola casta Priscilla (Cailee Spaeny) in Graceland, sorta di gabbia dorata, viene plasmata dagli occhi di Elvis nella sua idea dell’amore, ma, a un certo punto, la ragazzina diventa una donna; e la donna che si ritrova davanti agli occhi non sa chi sia, se davvero la rappresenti.

Arriverà nelle sale a fine ottobre, questa storia romantica che condurrà i due protagonisti dal corteggiamento, al matrimonio, alla separazione. Quando Elvis mette gli occhi sulla piccola Priscilla Beaulieu, in una festa a casa sua, quando si trova in Germania, nella città tedesca di Wiesbaden, nel 1959, all’epoca in cui era soldato nell’esercito statunitense, lei è appena una quattordicenne, una ragazzina che conoscerà presto cosa significhi essere sempre un passo dietro a lui, e davanti a un Mito.

Un film piacevole ma non coraggioso

La Coppola ha il pregio di aver gestito mito e sregolatezza, realtà e favola, con un certo equilibrio, in una linea sottile, in cui emergono le contraddizioni del successo, i pericoli, gli eccessi di una vita over the top, quella del Re del Rock’n roll, ma, d’altra parte, finisce per essere evanescente, effimera.

Glam, dunque, la favola non a lieto fine di Priscilla, con una fotografia delicata, e una chiusura che vira su una sorta di messaggio di emancipazione, che resta in un limbo.

Piacevole nell’insieme, ma di certo non coraggioso, molto in una comfort zone che da una Coppola in concorso magari non ci si aspettava.