La terra dell’abbastanza, la recensione di Stefano Zattera del film di Fabio e Damiano D’Innocenzo.

Partiamo con una cosa essenziale: questo è un film da vedere!

Una decina di anni fa ricevetti una mail di un ragazzo ventenne a cui piacevano i miei lavori e che mi proponeva di disegnare una storia su una sua sceneggiatura. La storia era una vera e propria mazzata in faccia e la scrittura potente e personalissima. Mi sarebbe davvero piaciuto disegnarla, ma i miei impegni di allora mi impedirono di accettare questa proposta.

Il suo modo di scrivere mi piaceva e, qualche tempo, dopo lo coinvolsi in un’antologia di racconti che stavo mettendo assieme. Il ragazzo mi sottopose, oltre al suo, anche uno scritto del fratello e scoprii un altro grande talento. Fu così che conobbi i fratelli Fabio e Damiano D’Innocenzo.

Rimanemmo in contatto ed ebbi modo di seguire altri loro progetti tra cui la loro interessantissima ricerca fotografica. In seguito ci sentimmo sempre più raramente finché non ritrovai Damiano su Facebook e scoprii che presentavano il loro film a Berlino.

Appena uscito in Italia sono corso a vederlo. Conoscendo il loro talento avevo grandi aspettative e devo dire che le hanno superate ampiamente! La crudezza iperrealista della loro scrittura e la forza evocativa dei loro frammenti fotografici rubati al reale, fusi assieme e messi in movimento hanno generato una modalità narrativa nuova, forte e personale.

La trama è una storia di iniziazione alla criminalità di periferia. Le vicende di due ragazzi che inseguono il sogno del riscatto dalla vita di borgata abbagliati dai sodi “facili” che, si sa, costano caro.

Volendo proprio inquadrarlo, si può collocare il film nell’area di Romanzo Criminale, Gomorra, Suburra e Dogman (film in cui i Fratelli D’Innocenzo hanno collaborato alla sceneggiatura). Ma qui colpisce il modo – asettico e coinvolgente emotivamente allo stesso tempo – con cui questa vicenda viene sviscerata.

La Terra dell’abbastanza è un noir duro e diretto, con una regia secca e scarna, ma non per questo priva di personalità. Anzi, proprio questo non indugiare nelle scene ad effetto, ma limitarsi a una narrazione dritta e inarrestabile come il tempo, è la cifra stilistica forte di questi talentuosi fratelli.

Poche le digressioni dalla storia. I momenti di sospensione e i vezzi di bella fotografia sono centellinati per dare tutto lo spazio possibile al procedere inesorabile della vicenda.

I dialoghi, supportati da una recitazione schietta e (cosa mai scontata nel cinema italiano) tutt’altro che teatrale, colpiscono per estremo realismo e credibilità. Grande prova attoriale sia dei due protagonisti esordienti Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti, che dei mattatori Max Tortora e Luca Zingaretti, che di tutto il cast.

Chiudiamo con un’altra cosa essenziale: questo è un film da vedere!