Francis Scott Fitzgerald (Saint Paul, 24 settembre 1896 – Hollywood, 21 dicembre 1940)
C’è un autore statunitense che negli ultimi anni Hollywood ha deciso di riscoprire, un autore dalla prosa agile, un autore “delle atmosfere”, un autore che discende da Henri James ed Edgar Allan Poe più di quanto generalmente si sia disposti ad ammettere, un autore a cui, la critica prima, e la vita poi non fecero sconti, il suo nome è Francis Scott Fitzgerald.
Quando penso a Fitzgerald mi viene in mente… no, ve lo dico dopo cosa mi viene in mente, intanto esponiamo qualche dato. É il 1919 quando, dopo aver lasciato Princeton ed essere passato da una base dell’esercito all’altra, percorrendo in lungo e in largo gli U.S.A, addestrandosi con il suo reparto per il primo conflitto mondiale – cui mai partecipò – Francis Fitzgerald presentò a Scribner il suo primo romanzo. Quello che noi oggi conosciamo come “Al di qua del Paradiso”. Sulle prime il manoscritto venne rifiutato.
Però il giovane autore venne incoraggiato dall’editore ad apportarvi alcuni cambiamenti (a cominciare dal titolo che era “L’egotista Romantico”) ed a perseverare nei suoi intenti. Infatti, nel 1920 dopo una sessione epica (si chiuse in casa, lavorò notte e giorno trangugiando litri di caffè) di revisione del romanzo, Maxwell Perkins (sì, quel Perkins) redattore di Scribner accettò e pubblicò il romanzo. Fitzgerald fece una barca di soldi quel anno e divenne famoso anche grazie alla pubblicazione, della raccolta di racconti “Flappers and Philosophers”. Riconquistò Zelda e la sposò.
Chi è Zelda? Zelda Sayre (Fitzgerald) figlia di un giudice dell’Alabama, conobbe Scott mentre quest’ultimo conduceva l’addestramento di cui sopra, i due si fidanzarono informalmente e lei lo piantò quando lui non riuscì a pubblicare nel 1919 il romanzo. Fitzgerald ci riuscì nel 1920, la causa ostativa venne meno (lui aveva fatto i soldi) ed ella acconsentì al matrimonio. Non scherzo: la mancanza di una prospettiva rassicurante sotto il profilo finanziario indusse la Sayer a rompere il fidanzamento.
Per il video gioco The Legend of Zelda, Shigeru Miyamoto si ispirò proprio a Zelda Sayer Fitzgerald, non tanto per quest’episodio di marcato… pragmatismo, quanto per ciò che Zelda, assieme al marito, rappresenterà per la società degli anni venti e trenta negli U.S.A. Ella venne ritenuta una pioniera del femminismo, ed entrambi furono sempre considerati degli anti conformisti d’acciaio, votati a rompere le rigide convenzioni sociali, di matrice ottocentesca, ancora imperanti in quegli anni. Zelda pubblicherà nel 1932 un’opera autobiografica dal titolo “Lasciami l’ultimo valzer”.
Dopo il matrimonio e la prima ondata di fama, Fitzgerald scrisse e pubblicò “Belli e dannati”. Indovinate chi sono i protagonisti di questo libro? Esatto. Due sposi novelli. La carriera di Scott continuerà abbastanza spedita. Si registra un grosso insuccesso: “Il vegetale, o da presidente a postino” una commedia che verrà messa in scena ad Atlantic City. Un fiasco.
Decisamente maggior fortuna ebbe pubblicando romanzi come “Il grande Gatsby” e raccolte di racconti come “Racconti dell’età del Jazz”(in cui compare “Il curioso caso di Benjaimin Batton, scritto per la risvista Collier’s nel 1922). Sul finire degli anni venti approderà ad Hollywood come sceneggiatore . Nel ’37 dopo lunga gestazione uscì “Tenera è la notte”, questo romanzo non fu esattamente un successo, però in questo caso siamo lontani anni luce dal flop della commedia di Atlantic City. Perché? Perché a questo punto della vita di Fitzgerald qualcosa si era irrimediabilmente spezzato.
Francis e Zelda Fitzgerald erano ritenuti acerrimi nemici del conformismo. Vi era certamente premeditazione nei modi in cui, quando erano in pubblico, si divertivano a dare scandalo. E ci riuscivano molto bene. Ci riuscirono da una costa all’altra degli U.S.A e non disdegnarono nemmeno l’Europa (Francia, Svizzera, Italia). A dare scandalo erano bravi e ci si divertivano, solo che questo comportava, tra le altre cose, un crescente consumo di alcolici. Consumo che non deve aver certo giovato alla schizofrenia latente di Zelda, schizofrenia che le venne diagnosticata nel 1930. Consumo di alcol che lasciò comunque Francis alcolizzato e devastato. Devastato anche perché se la malattia di Zelda le fu diagnosticata nel ’30 in realtà i sintomi si manifestarono molto prima, non facilitando certo la vita coniugale dei due.
Purtroppo però queste manifestazioni venivano imputate ad una “maschera” da flapper e ad un po’ di stravaganza, oltre che all’ alcol, molto alcol. Da principio quelli di Zelda furono semplici “capricci”, sul modello di quelli compiuti dal personaggio di Gloria nel libro secondo di “Belli e dannati”, in relazione al ripieno al pollo nel Café restaurant, o alla biancheria (sulla corrispondenza tra quanto narrato nelle opere e quanto realmente vissuto da Fitzgerald ci torneremo poi) . Se volete capire a cosa mi riferisco andatevi a (ri)leggere il libro.
In poco di tempo il matrimonio divenne un campo minato per Francis. Pensate all’episodio narrato in “Fiesta mobile” da Ernest Hemingway riguardo al “tu sai cosa” di Fitzgerald. In oltre è opinione diffusa che il ritratto che lo stesso Hemingway rende di Zelda nel capitolo “I falchi non fanno a metà con nessuno” di Fiesta mobile sia aderente alla realtà, e questo la dice lunga.
Negli anni trenta la vita dei Fitzgerald fu caratterizzata dai ricoveri in istituti di cura per Zelda, e crisi dettate dall’alcolismo di Francis. La Grande Depressione (seguita al crollo della borsa del ’29) al culmine in quel decennio, non deve aver certo aiutato, specialmente sotto il profilo lavorativo (le entrate economiche della coppia si erano assottigliate, in accordo con quelle di tutte le famiglie americane, o quasi). Francis sul finire degli anni trenta continua a lavorare con riviste come l’Esquire (in realtà per tutta la sua carriera Fitzgerald scrisse articoli e racconti per le riviste, era un modo, ebbe occasione di affermare, per potersi permettere di scrivere romanzi) quando cominciò a lavorare al romanzo “Gli ultimi fuochi” (The last Tycoon).
Nel Novembre del 1940 Francis accusa problemi cardiaci, sopravvivrà all’infarto del 20 di Dicembre di quello stesso anno, ma non a quello del giorno successivo. “Gli ultimi fuochi” verrà pubblicato postumo ed incompiuto, con alcune revisioni non effettuate dall’autore. Zelda Fitzgerald vivrà fino al 1948 in una clinica psichiatrica di Asheville, passerà gli ultimi anni a scrivere un secondo romanzo (che non verrà mai pubblicato), prima di restare vittima, con altri pazienti, delle fiamme che divorarono la clinica che la ospitava.
Per quanto riguarda la poetica di Fitzgerald, stante la peculiare individualità di ciascun’opera, possiamo agevolmente individuare alcuni elementi che attraversano tutta la produzione letteraria di questo autore. La prosa, una prosa briosa ed un po’ elaborata in principio, che risulta sempre più controllata (non sarà mai una prosa secca ) con il susseguirsi di opere. Poi “l’autobiograficità” di quanto narra. Francis Fitzgerald ha sempre attinto a piene mani dalla sua vita, dalle sue esperienze per creare i suoi personaggi, le sue storie.
Pensiamo soltanto alla descrizione di tutto l’ambiente scolastico in “Al di qua del Paradiso” e l’amicizia con il prelato che farà da mentore al protagonista, ecco queste sono cose che Fitzgerald ha realmente vissuto. Pensiamo a “Belli e Dannati”, le esperienze di vita coniugale sono state fortemente ispirate dalla vita di Scott. Sicuramente Francis conosceva ciò che raccontava. Ma non voleva esservi identificato. Fitzgerald si irritò molto quando per l’edizione di “Belli e Dannati” l’illustratore della copertina scelse di rappresentarlo con la moglie. Perché ? Credo perché, con l’obbiettivo di creare libri “divertenti,” Fitzgerald in parte si prendeva gioco dei suoi personaggi, mettendoli a nudo e mostrandone nei e debolezze. Vi attribuiva le caratteristiche che riteneva tipiche dei suoi contemporanei.
Pensiamo ancora al suo primo romanzo. Quanto “prende per il culo” Amory, il suo protagonista? Quanto lo rende ridicolo, al fine di mostrare tutte le contraddizioni della società a lui contemporanea? Certo Fitzgerald non è Oscar Wilde e Amory non è né Algernon Moncrieff né Ernest Worthing, ma la satira riesce, eccome! Scott non voleva che quei nei, quei difetti, venissero attribuiti a sé come persona reale. Come dargli torto?
Partendo dal presupposto che tutta la produzione letteraria Di Francis Scott Fitzgerald è tesa a denunciare la disgregazione del mito americano, la dissoluzione morale, l’inconsistenza valoriale della società in cui vive. Una società che ha visto la tragedia immane della prima guerra mondiale, che si sta avvicinando a grandi passi alla seconda, una società governata da convenzioni, usi e principi ottocenteschi che non vuole più, ma che non riesce a sostituire con nuove convenzioni né tanto meno con nuovi principi, salvo uno: l’egotismo. E allora via di frivolezza, festeggiamenti sfrenati, vacuità imperante. E Francis è bravissimo a rendere quell’atmosfera di inizio Novecento. Oscillando tra il simbolismo e il naturalismo riesce a darci un quadro sociale di una precisione sensazionale. Dipinge questo quadro sempre partendo da un soggetto, da un personaggio ed è seguendo questo protagonista che l’opera si compone(Amory, Antony, Gloria, Gatsby, Rosmery etc.), e questo è sicuramente un elemento che mutua da Henry James.
Sopra ho citato anche un influenza di Poe nell’opera di Fitzgerald, a mio avviso infatti le atmosfere che si respirano, i luoghi che vengono scelti – a cui talvolta si attribuiscono delle qualità (negative per lo più) – creano una percezione di ineluttabile tragedia, di una catastrofe in agguato. Si registra spesso, infatti, nell’opera di Scott che la vacuità e la dissolutezza morale conduca alla distruzione, passando anche per l’autolesionismo (si pensi al Grande Gatsby). E questa dissolutezza della società, avida di autodistruzione, che Fitzgerald traspone in maniera magistrale nei suoi libri, è quella che condurrà alla crisi economica del ’29, è quella che condurrà Scott e la moglie alla catastrofe.
In “I racconti dell’età del Jazz” Francis rappresenta sicuramente il clima di sfrenatezza, lusso, di inizio Novecento, ma personalmente fatico a non scorgervi una denuncia sociale della condizione degli afroamericani che, nella New York fitzgerardiana, lasciavano la degradata Harlem per andare a suonare alle feste dei bianchi in una scintillante Broadway. Pensiamo anche al personaggio di King Oliver, ed a come muore nel freddo di una panchina di New Orleans. Anche qui Fitzgerald mette a nudo una contraddizione tragica, del suo tempo. Un tempo in cui la battaglia per i diritti civili delle minoranze è di là da venire.
Quando penso a Francis Scott Fitzgerald mi viene in mente una graziosissima barca in mezzo ad un mare piatto, la notte è rischiarata da una stellata sensazionale, ad eccezione della quale non vi è fonte di luce. Improvvisamente l’unico occupante della barca spara un razzo di segnalazione che, salendo alto e luminoso nel cielo esplode, e inaspettatamente dà vita ad un coloratissimo arazzo di luce nel cielo, rappresentante una sfrenatissima festa da ballo in un salone gremito di flappers e bottiglie di champagne. L’affresco è animato, è un luogo reale ora, tutti ballano e bevono. In sottofondo musica Jazz. D’improvviso l’arazzo luminoso si spegne spazzato via da un vento gelido, la scena svanisce.
Ritorniamo a vedere il nostro uomo sulla barca, nel mezzo della notte, le stelle sono svanite si odono dei boati in lontananza. L’uomo nella barca guarda la sua pistola lancia razzi che tiene in mano, ma la pistola si tramuta in un grosso libro, c’è scritto sopra Scott Fitzgeral, ci sorride e ce lo porge.
E a voi, quando pensate a Fitzgerald, cosa viene in mente?