Hotel Transylvania – Uno scambio mostruoso. In attesa del quarto capitolo dedicato alla famiglia Dracula ripercorriamo i primi tre capitoli del franchise.

È in arrivo al cinema il quarto capitolo della saga d’animazione dedicata ai mostri dell’Hotel Transylvania, una spassosa squadra capitanata dal Conte Dracula e da sua figlia Mavis (… Dracula, appunto!).

I tre film precedenti narrano le vicende delle tetre creature provenienti dal mito e dal folklore, rese celebri dalla letteratura e dal cinema.

In questa versione, che trasforma la paura e il macabro in eccitazione e sentimenti adatti anche ai piccoli, il Conte Dracula (doppiato nella versione originale dall’attore comico Adam Sandler) decide di dare l’avvio a un’attività quantomeno singolare: un albergo di lusso, cinque stelle, dove possono alloggiare soltanto mostri, creature della notte e abomini di varia natura.

Nel primo film (2012), l’iniziativa imprenditoriale del vampiro è volta a evitare il contatto con la comunità umana, peraltro responsabile della scomparsa della moglie Martha. Il vedovo immortale cresce da solo la figlia Mavis (doppiata dalla cantante Selena Gomez), anch’ella non soggetta a invecchiamento, ed è proprio in occasione del centodiciottesimo compleanno della “ragazza” che gli spettatori conoscono (o meglio incontrano nuovamente) tutti i classici dell’orrore: la mummia Murray, bendata e sovrappeso, il mostro di Frankenstein, Frank, e sua moglie (come da tradizione) Eunice, il lupo mannaro Wayne e la moglie Wanda, due coniugi un po’ provati dalla vita familiare e dai numerosi figli, tutti cuccioli di lupo, e l’uomo invisibile, Griffin.

Tra fantastico e horror

E molti altri: in realtà tali protagonisti sono anche i volti della grande mitologia dei film Universal, che già dagli anni Trenta del secolo scorso, fino ad arrivare agli ultimi anni (i blockbusters Dracula untold e La mummia e il controverso L’uomo invisibile, per ora ultimo in ordine di successione) hanno avuto una massiccia presenza cinematografica, tutta nel segno del gotico, dell’intreccio dark e ad alta tensione.

Ciò che rende così valido il genere fantastico – horror in questione, infatti, è proprio il suo essere particolarmente versatile, forse anche più degli altri generi tradizionali. Se infatti i colossi filmici a tutti noti sembrano potersi modificare soltanto con variazioni interne (la commedia sofisticata, il thriller, l’ormai abusato period drama, ecc.), il gotico è addirittura in grado di attraversare in diagonale tutte le tecniche narratologiche: può davvero atterrire (si pensi ai sempre più estremi horror psicologici distribuiti con estrema cura in Italia da Midnight Factory) e mettere in dubbio le nostre convinzioni più radicate e inconsce tramite il cosiddetto orrore cosmico (di tradizione lovecraftiana, ma si pensi anche al recente Annientamento, Netflix, tratto dal capolavoro di Jeff VanDermeer, senza dubbio uno dei libri più inquietanti della narrativa contemporanea).

Il gotico può recuperare la sua venatura thrilling, attraverso i meccanismi dell’avventura e dell’azione (e in questo caso le radici sono nobili: la saga di Alien, soprattutto con le sue diverse voci registiche, da Ridley Scott a James Cameron fino a David Fincher, è appunto caratterizzata da un perfetto equilibrio tra suspense e senso del movimento, dell’action).

Il gusto per l’osceno può essere del tutto ribaltato – è proprio il teatro a insegnare ciò – e diventare intelligente sarcasmo, oppure dosato umorismo: è il caso del modus operandi del regista Stephen Sommers, autore de La mummia e di Van Helsing, dove i mostri diventano prede di simpatici e aitanti cacciatori o avventurieri, oppure dell’Hotel Transylvania in discussione (nel secondo e nel terzo cartone animato, il Conte ha un nipote e infine va in crociera, vivendo anche una seconda vita sentimentale, mentre l’omonima serie televisiva vede Mavis protagonista di brevi ed esilaranti episodi).

Quando l’horror meta-cinematografico

L’horror è meta-cinematografico, è un esperimento ben riuscito di multimedialità: per citare i mostri sacri (è proprio il caso di dirlo), Dracula è ispirato al personaggio storico del sovrano Vlad III di Valacchia, poi rielaborato dall’irlandese Bram Stoker, mentre il mostro di Frankenstein è stato inventato dall’inglese Mary Shelley, la quale ideò una creatura, un cadavere composto da vari arti e parti di corpi umani, oggetto di rianimazione da parte di uno studioso in rotta di collisione con la società e con l’accademia (il classico scienziato pazzo).

L’uomo invisibile è stato inventato da H.G. Wells, scrittore inglese che più di tutti si è divertito a sovvertire l’immaginario popolare: diventare invisibile può indurre chiunque ad avere strane fantasie, perché dopotutto si può essere ovunque senza essere visti… Ma il non essere più visti è un aspetto altrettanto spaventoso, perché significa letteralmente sparire dal mondo (e in un altro suo classico, La guerra dei mondi, Wells distrugge in un colpo solo la rigida borghesia vittoriana: cosa accadrebbe se arrivassero dei tripodi alieni a devastare le nostre ordinate città?).

Si tratta di miti e storie dal carattere assai moderno, perché non hanno tanto un’origine fantasiosa ed epica, quanto invece una matrice speculativa, tra il filosofico e lo scientifico. Tali trame rielaborano lo scomodo concetto dell’aberrazione, dell’ombra, e così facendo in realtà sdoganano del tutto la paura e rendono i lettori, il pubblico, insomma i fruitori molto più coraggiosi e consapevoli.

È un’operazione culturale non banale che molto ha a che vedere con l’arte della dissimulazione, e quindi con il controllo paritario e con l’onestà intellettuale. E, in definitiva, con il divertimento, spinto verso le sommità più cervellotiche e alte… O verso gli abissi del terrore.

Ci vediamo al cinema il 5 agosto per Hotel Transylvania – Uno scambio mostruoso!