OH, CANADA, la recensione di Giacomo Brunoro del film di Paul Schrader in concorso al 77esimo Festival di Cannes.

OH, CANADA, scritto e diretto da Paul Schrader è un film complesso e stratificato che mette a confronto memoria, realtà, ricordo, immagine di sé, storia e tempo.

Schrader presenta allo spettatore la vita di Leonard Fife (un Richard Gere che ci regala una grande intepretazione), documentarista di successo in punto di morte. Va chiarito subito che Fife è un personaggio d’invenzione e che tutta Schrader è partito da FOREGONE di Russel Banks, autore a cui è dedicata l’opera.

Fife accetta di registrare un’ultima intervista per un documentario sulla sua vita. Inizia così un viaggio tra i vari piani temporali dell’esistenza, un viaggio in cui Fife racconta soprattutto a sé stesso cose che non ha mai voluto o potuto raccontare a nessuno.

Un confronto duro tra quella che è l’immagine pubblica di grande autore politicamente impegnato, il prototipo dell’intellettuale engagé come viene sottolineato nel film, e quella privata che riemerge da una memoria dolorosa e che è sicuramente meno limpida.

Memoria, storia e verità

Un film non semplice, forse non sempre pienamente riuscito, che ha il gran merito di provare a esplorare la complessità e le contraddizioni dell’animo umano.

Il personaggio di Fife, che nella sua versione giovanile è interpretato da un insipido Jakob Elrodi, è infatti persona controversa: da giovane ha abbandonato moglie e figlio scappando in Canada per evitare il servizio militare in Vietnam, non ha mai più voluto rivedere il figlio, ha intrecciato una serie di relazioni ambigue, non ultima quella con sua moglie (Uma Thurman), una sua ex allieva.

Ma quella che sentiamo e vediamo per tutto il film è la voce della sua memoria in un tentativo disperato di venire a patti con il Tempo e, forse, con la sua coscienza. Ma memoria e verità non sono sinonimi e quindi per lo spettatore, e per gli altri personaggi del film, questa ultima confessione lascia più risposte che domande.

Quello tra memoria e storia è un confronto doloroso per Fife, come lo sarebbe per chiunque, ma è senza dubbio un ottimo spunto di riflessione in un momento in cui una certa Hollywood pretende da tutti comportamenti integerrimi, puritani e allineati.

Alla ricerca del Tempo nascosto

Schrader, che di esperienza ne ha un bel po’, sembra dunque volerci raccontare il suo punto di vista, senza raccontare mai LA VERITÀ, ma lasciando che la memoria elabori una sua personale verità.

Rispetto alla ricerca del Tempo perduto fallita di Coppola, che infarcisce il suo MEGALOPOLIS di citazioni e riflessioni sul Tempo che lasciano il tempo che trovano, Schrader preferisce suggerire allo spettatore di fare una ricerca del Tempo nascosto, quel tempo che noi abbiamo nascosto, non importa se consapevolmente o meno, per venire a patti con i nostri fantasmi.

Ripeto, non so se OH, CANADA sia un film perfettamente riuscito, quello che posso dirvi è che è senza dubbio un gran film.