Tripla recensione di Star Trek – Into Darkness (attenzione: contiene molti spoiler!)

Affascinante.

No, non sto parlando di Star Trek – Into Darkness, ma del nuovo spot di una nota casa automobilistica tedesca in cui il buon vecchio Leonard Nimoy e il buon giovane Zachary Quinto, oltre a tentare di venderci il nuovo modello della suddetta casa, ne combinano una per colore.

Nimoy si mette a recitare addirittura l’inizio di “The ballad of Bilbo Baggins”, una canzoncina che aveva cantato nel ruolo di Spock in uno show americano nel lontano 1967 (dateci un’occhiata qui, è un trip lisergico che di logico ha ben poco).

Riguardo allo spot, bé, credo di non aver mai visto una cosa più esilarante. Ve lo linko qui e portate pazienza se cerca di vendervi una macchina: i due Spock a confronto danno il meglio.

Star Trek - Into Darkness
Per quanto riguarda la recensione di Star Trek – Into Darkness, secondo episodio della nuova saga prequel diretta da J. J. Abrams, mi sa che le cose sono un po’ più complicate e per risolverle devo per forza ricorrere ad un test semplicissimo. Leggete i tre profili che vi propongo qui sotto, decidete a quale appartenete e poi leggete la rece corrispondente. Perché sono costretto a fare così Perché l’ultimo Star Trek di J.J. ha un grossissimo, gigantesco, immane problema e, a seconda di chi siete può diventare un ottimo film d’azione fantascientifica o, a causa dell’ultimo terzo della pellicola, una fetecchia astronomica. Ma via coi profili:

1. Non so nulla dell’universo di Star Trek, so solo che c’è un tizio con le orecchie a punta perché una volta l’ho visto in tv. Non ho mai visto una puntata di alcuna serie di Star Trek, tantomeno ne ho letto i libri o visti i film. Però ho visto il trailer di Into Darkness e mi è piaciuto, così vorrei andarlo a vedere.

2. Conosco discretamente l’universo di Star Trek. Ho visto qualche serie e qualche film tratto dalla serie. Concetti come “Prima Direttiva” o “curvatura” mi sono piuttosto chiari. So chi sono i Klingon e che ruolo hanno nell’universo ideato da Gene Roddenberry. Non posso dirmi un fan accanito, però guardo volentieri film di fantascienza.

3. Sono un trekker. Ho la tessera dello STIC e amo alla follia Star Trek. Conosco il testo esatto dei trattati di Kitomer, ho una gigantografia dell’Enterprise in camera da letto e probabilmente l’autografo di tutti i protagonisti.

RECENSIONE PROFILO 1

Star Trek – Into Darkness regge in ogni comparto. È un buon film di fantascienza d’azione, con scene mozzafiato che si susseguono ininterrottamente dall’inizio alla fine. In mezzo al caleidoscopico bailamme, Abrams ha persino il tempo di far evolvere i suoi personaggi seguendo i caratteri tracciati dalla pellicola precedente. Oltre a Kirk (Chris Pine) e Spock (lo Zachary Quinto di Heroes, approvato persino da Sheldon Cooper), che possiamo ben definire i due protagonisti, anche i comprimari (‘Bones’ McCoy, Sulu, Scotty, Uhura e persino il bistrattato Chekov) hanno il loro giusto tempo sullo schermo.

Già molti recensori hanno apprezzato il villain del film, interpretato da Benedict Clumberbatch (lo Sherlock Holmes della fortunata serie ‘Sherlock’). Io mi aggiungo al coro entusiasta. Harrison/Khan è un cattivo minaccioso, che emana un’aura di pericolosità anche quando se ne sta a braccia conserte. Le sue motivazioni, inoltre, sono forti e danno la possibilità ai nostri eroi di interrogarsi su alcuni dilemmi morali tipici dell’universo di Roddenberry. Certo, s’interrogano per non più di qualche minuto, ma meglio di niente. A sproposito: mai mettere un super-cattivo sotto vetro, non è che abbia mai funzionato molto.

Star Trek - Into Darkness

Un’unica avvertenza: se siete particolarmente sensibili ai flash luminosi meglio che stiate alla larga da questo film, Abrams è notissimo per il suo compulsivo abuso di flash e lens-flare. Riconoscere un suo film è facilissimo, basta vedere se c’è una luminosa striscia blu in più del 70% dei fotogrammi del film.

RECENSIONE PROFILO 2

In questo profilo dovrei mettere me stesso. Into Darkness ha i suoi pregi e difetti. Dei primi ho parlato nel profilo precedente, i secondi li tratterò brevemente ora. Non ho mai recensito il primo Star Trek, né ho mai scritto alcunché in merito ad alcuna pellicola o serie precedente, ora vorrei colmare la lacuna.

C’è un enorme differenza fra gli Star Trek cinematografici e quelli delle sei serie (ci aggiungo anche la serie animata). Ho sempre pensato che, a parte eminenti eccezioni (ad esempio quello “Star Trek Motion Picture” odiato dai più e da me sommamente apprezzato), la trasposizione cinematografica dell’universo di Roddenberry fosse molto più basata sull’azione che sui temi che stanno alla base delle serie.

Il “Trek”, il viaggio, l’esplorazione, l’ignoto, la frontiera, il “To boldly go” delle serie televisive non è mai stato rispecchiato a pieno nei cinema, se non per sommi capi. “Into Darkness” non fa eccezione e preferisce concentrarsi su altri temi, in particolare quello della natura della Flotta Stellare (ente militare o civile?) e delle ripercussioni delle scelte personali sugli altri (il personaggio di Kirk, scapestrato e insofferente verso l’autorità, è un soggetto perfetto su cui basare questa tematica).

Sinceramente, dopo tanta fantascienza d’azione passata, presente e futura, con l’arrivo al cinema di pellicole quali “Oblivion”, il terribile “After Earth” (perché fanno ancora lavorare Shyamalan?), Pacific Rim, Elysium sembra che il futuro a cui il genere si riferisce sia solo uno scenario per far sfoggio di effetti visivi all’avanguardia. A me può star bene, mi piacciono le belle scene d’azione però in questo modo il genere si svuota completamente di tutti gli altri importantissimi significati.

Star Trek è l’esempio più eminente di come la fantascienza possa mettere le basi filosofiche, sociali, diplomatiche per un’indagine seria sul nostro futuro. Per questo, a volte penso che i due Star Trek abramsiani siano un po’ un’occasione sprecata per riportare in auge quella fantascienza sì “sociale”, ma pure esistenziale e psichedelica che ha generato capolavori come Solaris. Altri tempi purtroppo. E un altro modo di concepire il cinema.

Lo spettatore occasionale di Star Trek, che conosce alcune serie e alcuni film così come l’amante della fantascienza tout court, potrebbe quindi rimanere un po’ infastidito dalla predominanza dell’elemento action in “Into Darkness”, come da regola non scritta delle serie cinematografiche trekkiane prodotte finora.

Quanto dico è pure sottolineato dalla scena d’azione in cui Spock, l’epitome della razionalità nell’universo trekkiano, fa a pugni col cattivo. Sì, è vero che i Vulcaniani non sono privi di abilità combattive (la famosa ‘presa vulcaniana’), ma credo che il buon mezzo-alieno dalle orecchie a punta abbia tutt’altro ruolo nell’economia della serie che quello di un buttafuori da bar, pur nello stress di una situazione disperata.

RECENSIONE PROFILO 3

Se siete Trekker lasciate perdere i motori a impulso, attivate direttamente la curvatura e andatevene più lontano possibile da questo film. Nell’ultima parte, dalla rivelazione che il villain è in realtà Khan (apparso nella serie classica nell’episodio “Spazio Profondo” e, ovviamente in “L’ira di Khan”, seconda prova cinematografica del franchise) i problemi di continuity passano da digeribili a imbarazzanti. Se questo non bastasse, gli sceneggiatori (la coppia Kurtzman/Orci e Lindelof, il furbetto dell’isoletta di Lost) commettono due crimini mortali e svariati altri comunque molto gravi, pensando di usare un citazionismo sterile per fare un po’ di facile fanservice.

I due crimini mortali:

– La videochiamata tra lo Spock giovane (Quinto) e lo Spock vecchio (Nimoy) in cui il primo chiede al secondo se abbia già incontrato Khan durante i suoi viaggi. Capisco perché gli sceneggiatori abbiano voluto questa scena, il vecchio Spock doveva fungere da quello che io chiamo “spaventatore”. Un personaggio cioè che esalta le terribili virtù di un cattivo per aumentarne il carisma. Khan in “Into Darkness” era già stato caratterizzato abbastanza e il cameo di Nimoy non aggiunge molto, anzi toglie. Toglie credibilità e raziocinio (trattandosi di Spock, ci troviamo davanti a un ulteriore paradosso). In più, incasina tutto. Se il vecchio Spock sapeva che in passato aveva già incontrato Khan, perché non lo riconosce nell’episodio della serie classica? Un problema che accade di frequente ai principianti quando si insiste a narrare di viaggi nel tempo. Ovviamente, oltre che da “spaventatore” il cameo di Nimoy voleva essere pure un omaggio alle vecchie serie, omaggio che poteva essere fatto in tutti i modi tranne questo.

Attenzione, saltate in tronco questa seconda parte per evitare spoiler.

– Dal minuto 107 al minuto 110 “Into Darkness” copia il finale de “L’ira di Khan” invertendo i ruoli di Kirk e Spock (è Kirk a sacrificarsi stavolta). Quando dico copia vuol dire proprio che copia. Non omaggia, non cita, non interpreta. Copia passo passo persino i dialoghi (il celebre “Sarò per sempre tuo amico”, il saluto vulcaniano sul vetro che separa i protagonisti) e, follia delle follie ripete persino il celebre urlo di Kirk, diventato ormai un meme ben conosciuto in rete.

Solo che a gridare “Khaaan!” stavolta non è Kirk, ma Spock.

Star Trek - Into Darkness

A chi è venuta quest’idea? Sotto l’influsso di quale droga? Chi ha pensato fosse una buona idea? Se per il cameo di Spock che scombina la credibilità spazio-temporale potevo anche soprassedere, qui purtroppo devo dire che un fan della serie dovrebbe proprio sentirsi offeso. La cosa brutta è questa: per quanto avessi i miei dubbi che la presenza di Khan fosse una buona idea, il film regge. Anzi: avvince.

Poi il colpo di matto inaccettabile che, ovviamente, porta ad un finale altrettanto decerebrato (c’entrano Spock e i pugni, ne ho parlato prima) in cui verranno tratti in ballo addirittura i tribbles (cfr. l’episodio “Animaletti Pericolosi” della serie classica, scritto da uno dei miei scrittori di fantascienza preferiti: David Gerrold).

Sapete qual è il bello? Anche nello spot di cui parlavo sopra si cita la stessa scena. È esilarante perché è ovvio che si tratta di una parodia, per cui il tutto è ben riuscito. Qui, in un film che vorrebbe costituirsi come prequel e innestarsi nel viaggio dell’Enterprise della serie classica, diventa solo un orribile e attaccaticcio pseudo-omaggio fatto senza un briciolo di raziocinio che rovina tutto quanto fatto finora da Abrams per Star Trek.

Le conclusioni sono queste:

1. Se avete visto il primo e non siete molto interessati alle serie precedenti di Star Trek, andate a vedere il secondo, non resterete delusi.

2. Se siete come me, vicini a Star Trek e alla fantascienza, ma disposti a mandare giù qualche boccone amaro, andate a vedere questo film.

3. Se siete fan sfegatati della serie probabilmente lo andrete a vedere lo stesso, ma ricordatevi che vi avevo avvertito: al termine vi sentirete come un vulcaniano durante il Pon ffar senza una compagna/o con cui accoppiarsi.

Una breve e insulsa curiosità, giusto per non tralasciare nulla: il film si apre con Kirk e McCoy che fuggono da un vulcano in eruzione (tralascio la spiegazione del perché lo stiano facendo) su un pianeta che si chiama Nibiru. Ebbene, se questo nome non vi dice nulla, andate a vedere la voce Nibiru su wikipedia. J.J.Abrams “contattista”? Mah.