Palle Spaziali, il punto sulla sesta giornata di campionato nella rubrica di contro-informazione calcistica a cura di Fabio Chiesa

La JUVENTUS capolista sbanca il Barbera e mantiene la vetta della classifica al termine di una partita interessante quanto potrebbe esserlo un film di Tinto Brass senza scene erotiche. Allegri fa riposare Chiellini e dà ancora spazio a “Richie Cunningham” Daniele Rugani, sperimenta l’ennesimo centrocampo – questa volta con Lemina regista e Khedira e Pjanic mezzali -, e butta in attacco l’artiglieria pesante, anzi pesantissima: il bolso Higuain e Mariolione “Manzo” Mandzuckic, lasciando Dybala in panca. La partita la fa la Juve, ma il gioco stenta ancora a decollare. Il centrocampo della Signora gira come un motore. Inceppato.

L’assenza del fantasista argentino si nota da subito con il Pipita ed il Manzo a pestarsi i piedi come una coppia di cosacchi ubriachi impegnati in una polca, mentre Pjanic raccoglie margherite a metà campo e Lemina e Khedira si interrogano sul senso della vita e, soprattutto, sul perché Marchisio non sia ancora rientrato.
Al 31’ Richie Rugani si infortuna per una distorsione al ginocchio e la Juve passa ad un 4-3-3 con l’ingresso di “Telespalla Bob” Juan Cuadrado. L’inserimento del colombiano non è però sufficiente a dare una vera svolta e nonostante vari tentativi degli attaccanti il risultato è sbloccato solo da un bellissimo autogol di Goldaniga, che con un tacco alla Gianfranco Zola devia un tiro-cross di Dani Alves, spiazzando Posacev.

Allegri tenta di dare una scossa buttando dentro la cellula impazzita Kwando Asamoah, appena rientrato da un ritiro spirituale per giocatori confusi. Il ghanese – che ricordiamo sarà presto protagonista del documentario Sky Sport “L’uomo che passava la palla agli avversari” – non brilla, ma neanche serve assist ai giocatori del Palermo ,il che, diciamolo, è un netto passo in avanti.

Palermo che ha festeggiato il traguardo storico di cinque partite con lo stesso allenatore. In attesa dei nuovi attesissimi episodi di Casa Zamparini.

Sarri polemico

Dopo aver provato l’incredibile ebbrezza di stare per tre giorni in testa alla classifica ed aver perso la vetta con il pareggio di Genoa, il NAPOLI di don Maurizio Sarri affronta, al San Paolo, il Chievo Verona. La partita è per gli azzurri una corsa in discesa, tanto che la pratica viene già chiusa nel primo tempo. A firmare la prima rete è addirittura Manolo Gabbiadini che, reduce dal suo pellegrinaggio a Medjugorjie, sorprende Sorrentino con un sinistro a giro, al minuto 24. Raggiante, in curva, Paolo Brosio. Ed è il 38’ quando Hamsik fulmina Sorentino con una stoccata all’incrocio dei pali che provoca una crisi epilettica a Ciro Auriemma.

La partita termina sul 2-0 anche se i clivensi protestano per un episodio a dir poco dubbio, quando, al 72’, Koulibaly entra in contatto con Floro Flores, il quale, dopo aver saltato Reina, si trova solo davanti alla porta vuota. Ma Sarri, in questa giornata, non è in vena di parlare di arbitri: “Abbiamo vinto e l’unico episodio dubbio è a nostro favore. Non è il caso di sollevare l’argomento sino a quando non dovrò cercare nuovamente una scusa per una brutta prestazione. In accordo con il presidente De Laurentis ed il suo ego d’ora in poi mi lamenterò soltanto su loro indicazione. Sennò – hanno minacciato -, mi faranno fare la fine di Mazzarri”.

Un pensiero anche sulla Juve capolista: “La Juve ha avuto l’enorme vantaggio di giocare prima di noi. Ora, non posso dire nulla, non posso proprio, ma hanno giocato prima. È dall’anno scorso che capita che giochino prima. Come è vero che Higuain non mi ha chiamato prima di trasferirsi a Torino. Non mi lamento, ma perché non mi ha chiamato? Perché, eh?! E di queste emorroidi che mi fanno dannare posso forse lagnarmi? E dell’unghia del pollicione incarnita?! Mi fa male pure con le pantofole ma mi sentite forse lamentarmi? Potrei farlo, certo, ma tengo duro e non mi lamento più.”

Gomblotto romano

Tira aria di Gomblotto a Torino dove la ROMA viene mazzulata dai granata di Sinisa “Spaco Botilia” Mihajilovic per 3-1. Nel primo tempo la Magica costruisce qualche buona occasione, ma è il Torino a condurre le redini della partita grazie ad un’intensità sempre altissima. Le lettere di minaccia fatte recapitare da Mihajilovic per mezzo della malavita serba a tutti i suoi giocatori sembrano aver ottenuto l’effetto desiderato, e già all’8’ il Gallo Belotti sblocca il match con una capocciata.

L’ex Bruno Peres fa regali a raffica lasciando la fascia sinistra della Roma più sguarnita di un bordello clandestino all’indomani di una retata della buoncostume. L’altro ex della partita, vale a dire Iago Falque, si rivela invece decisivo trasformando un rigore causato – guarda caso- da Peres su Belotti, al 52’, e chiudendo il match al 65’, con un tiro deviato in porta da Fazio. A nulla vale il consueto ingresso ad effetto di Totti e l’altrettanto consueto rigore fischiato ai giallorossi – no, questa volta non c’entra Dzeko – e trasformato dal capitano al 55’ con tanto di aggiornamento delle mostruose statistiche personali.

Mihajilovic, intercettato a fine partita dai nostri microfoni ha commentanto: “Come diceva sempre mio nonno quando mi insegnava lotta a mani nude contro orso bruno: minacce funzionano sempre”.

Inter così così

L’INTER di De Boer perde punti preziosi incespicando in un poco utile pareggio casalingo contro il Bologna. A causa dei problemi fisici di Joao Mario e Murillo e di un’epidemia di salmonella tra i magazzinieri, l’allenatore olandese è costretto a buttare dentro Kondogbia e Ranocchia. Il primo lo ripaga subito con un paio di finte riuscite più o meno come il cucchiaio di Pellé all’Europeo, regalando, al 13’, la palla del vantaggio rossoblù, siglato da Destro dopo serpentina di Verdi. Il secondo, al termine di una prestazione difensiva finalmente decorosa, decide di mangiarsi, al minuto 85, il gol della vittoria. Ma sarebbe stata davvero troppa grazia.

Dopo soli 28 minuti, sotto di 1-0, De Boer inizia a sentirsi di nuovo un poco Di Burro e, prima che la sua malleabilissima seconda personalità prende il sopravvento, tira via Kondogbia – che da lunedì sarà reintegrato nello staff di giardinieri di Appiano Gentile – e butta dentro il giovane Gnoukouri. I nerazzurri spingono ma, nonostante numerosi tentativi, fracassano contro la difesa del Bologna, sino al bel tiro al volo di Perisic, che insacca al 37’ su assist del perpetuo Candreva.

Al 76’ fa il suo ingresso l’atteso Gabigol che, al momento, di Ronaldo, conferma di avere soltanto la stessa nazionalità. Mr. Zhang (lo so, suona un po’ come un boss delle Triadi) ha recentemente annunciato che suo figlio, Zhang Junior, si trasferirà in pianta stabile a Milano per seguire più da vicino la società. Già avviate le pratiche per cambiarne ufficialmente il nome in INDAAA.

Posticipo di lusso

In quel del Firenze, Fiorentina e MILAN si affrontano nel posticipo domenicale per uno 0-0 ricco comunque di forti emozioni, tipo vedere le lacrime di sollievo dei tifosi milanisti nel sapere Abate finalmente in panchina in pianta stabile. Il primo tempo è caratterizzato dal pressing dei ragazzi di Paulo Sousa – la cui immagine, ricordiamo, è ora curata dallo staff di Roberto Mancini -, mentre nella ripresa i rossoneri, pur non brillando – provateci voi con Montolivo e Kucka a metà campo-, riescono a costruire qualche occasione da gol. La prima parte della gara è caratterizzata dal rigore sbagliato da Ilicic per una trattenuta di Calabria su Borja Valero. Il centrocampista sloveno centra in pieno il palo facendo stropicciare la camicia bianca di Sousa, che stava sorseggiando champagne in panchina.

Da quel momento il Milan prende un po’ di coraggio e, pur non riuscendo a proporre un gioco degno di questo nome, costruisce qualche occasione splendidamente sprecata da Niang e Bacca. L’attaccante colombiano, quando non segna, si dimostra di un’utilità pari a quella di una qualsiasi recente campagna del Ministero dello Salute e l’ingresso del cotonatissimo Luiz Adriano cambia di poco le cose. Paulo Sousa conferma la sua graduale mancinizzazione quando a Premium Arena accende la polemica su una presunta poca rilevanza dati agli episodi arbitrali a sfavore della Fiorentina in sede di moviola, salvo poi nascondersi dietro un sorrisetto beffardo. Mancio docet.