Rodeo, film strepitoso che segna l’esordio alla regia di Lola Quivoron. La recensione di Giacomo Brunoro per Sugarpulp MAGAZINE.

Rodeo, presentato al Festival di Cannes all’interno della sezione Un certain regard, è un film strepitoso. Lola Quivoron, giovane regista francese, esordisce con un film che fa a pezzi regole e stereotipi con una storia che fila via come una rasoiata.

Gran parte del merito va a Julie Ledru, protagonista assoluta del film, che interpreta un personaggio disperato e lontano da qualsiasi cosa abbiate visto sullo schermo finora.

Una rasoiata a tutto gas

Rodeo ruota attorno al personaggio di Julia, ragazza che fugge da tutto e da tutti, consumata da una rabbia cieca che la porta ad avere un unico obiettivo: correre libera in moto. Si unisce così a una gang di scappati di casa che passano le loro giornate tra furti e spaccio, ribelli senza una causa che vivono in funzione delle loro moto con cui compiono ogni tipo di folli acrobazie.

Diversamente da quanto già visto in film che dipingono scenari marginali di questo tipo, i bikers criminali di Rodeo non appartengono a nessuna contro-cultura, non hanno nessun orizzonte culturale, nessun riferimento sociale. Più che di contro-cultura in questo caso si dovrebbe parlare di a-cultura, dato che il loro mondo nasce e muore sul filo di una sgasata a tutto motore.

Anche Julia è così: ribelle per niente, è in fuga soprattutto da se stessa, lontana da qualsiasi posizione ideologica  (con buona pace di chi ha voluto vedere nel personaggio istanze femministe, o ha addirittura parlato di “eroina”). Proprio per questo motivo il film segna una discontinuità profonda con quanto siamo abituati a vedere in contesti del genere: nessuna morale, nessuna spiegazione, nessun giudizio, nessun tentativo di capire o di giustificare.

Non ci sono spiegazioni nel mondo di Julia, la vita scorre felice solo quando lei è in sella a una moto e non importa il prezzo da pagare per ottenere questa felicità marginale. Julia vive in maniera animalesca senza cercare bisogno di codici morali, le uniche cose che contano sono il ferro e le lamiere della sua moto.

Una storia che mette in difficoltà lo spettatore

Il film di Quivoron mette in difficoltà lo spettatore, spettatore costretto a sospendere il giudizio di fronte a una messa in scena fatta di vita, immagini in movimento, azione e sentimenti primordiali. Rodeo è un film che non vuole certo rassicurare e che, soprattutto, non cerca risposte di alcun tipo.

Un film che si inserisce in maniera spuria e bastarda nel filone rappresentato dai lavori di Cronenberg (penso soprattutto a Crash), ma anche a Mad Max Fury Road di Miller o a Titane di Ducournau. La grande differenza sta nel fatto che Rodeo guarda infatti a questo tipo di cinema in maniera totalmente indipendente e adulta, segno della grande personalità di Quivoron.

Certo, ci sono passaggi che risentono di alcune ingenuità, ma sono tutti peccati veniali dentro a un filmazzo come questo che, peraltro, vede sulla scena quasi tutti attori non professionisti. Quello che è certo è che Quivoron ha dimostrato di essere una regista di classe destinata a diventare una delle protagoniste del cinema internazionale.