Suburra, ennesima occasione mancata. La recensione di Danilo Villani per Sugarpulp MAGAZINE.

Insieme a 007 – Spectre e al VII episodio di Star Wars, Suburra, tratto dal romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, era una delle produzioni più attese, a maggior ragione vista la sua italianità, della corrente stagione.

Il libro completa la trilogia che potremmo definire “dell’ennesimo sacco di Roma” iniziata con Romanzo Criminale, proseguita poi con Nelle mani giuste e conclusa appunto con Suburra.

Del primo libro sappiamo della trasposizione cinematografica e di quella televisiva e dello straordinario successo che ne è derivato malgrado alcune discrepanze, peraltro inevitabili quando si tratta di trasporre un’opera letteraria su grande schermo.

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Onestamente speravamo che sceneggiatori del calibro di Rulli e Petraglia unitamente agli stessi autori dell’opera facessero tesoro delle passate esperienze ma le nostre aspettative sono state abbastanza deluse.

Non basta un cast all’altezza, Elio Germano su tutti, una fotografia splendida, scenografie azzeccatissime e l’uso dei vari vernacoli, compreso quello rom, e anche, sì diciamolo, un’ottima regia per fare innamorare lo spettatore.

Purtroppo le anime di qualsiasi film quali sceneggiatura e montaggio lasciano in questo caso molto a desiderare.

Innanzitutto la scelta di rimuovere due personaggi cardine del romanzo tra cui il protagonista a favore del politico corrotto di turno (sai che scoperta!) e del capobanda rom.

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Non bastano la pioggia che batte incessante per tutto il film e neanche il finale quasi consolatorio sempre impregnato di pioggia e fogne che traboccano come nella migliore tradizione simbolista a risolvere certe questioni che rimangono sospese.

Intesi, questa è una nostra personalissima opinione però condivisa da molti altri spettatori alla fine della proiezione.

Sicuramente ai più piacerà e sarà ancora più piacevole vedere dopo i vari Libanesi, Bufali e Freddi tanti tipi che si nicknameranno Samurai, Spadino, Numero 8.

Roma è anche questo…