Organizzò, quindi, di far conoscere ad entrambi le sue richieste con le “giuste” motivazioni. Diede una data, un luogo ed un‘ora per effettuare il pagamento brevi manu, e si dispose in attesa di quel giorno, sicuro che i due non avrebbero fatto storie.

Quello che non poteva sapere, invece, era che prima dell’incontro, tra Borsato e Mason sarebbero successe delle cose che per loro rappresentavano ben più dei duemila euro che aveva chiesto per il suo silenzio, e che a loro pesavano quanto l’ennesima bustarella che dovevano pagare per continuare ad arricchirsi:cioè nulla.

Accadde, infatti, che Mason se ne fosse andato ad una delle ultime sagre stagionali rigorosamente da solo, tanto per passare la serata lontano da quel cesso di moglie che si era preso, e dopo aver cenato con un piatto di immancabili bigoli al ragù, un pezzo di polletto alla brace stopposo (probabilmente proveniente dal suo allevamento), tre costicine poco cotte, due stitiche fette di polenta e mezzo litro di rabosello freddo, si accasciò, annoiato, su una sedia di plastica a bordo pedana a guardare gli anziani che ballavano una polka, un valzer, un bachata, e vai col liscio, tutte nella stessa identica maniera, roteando su se stessi e ruotando tutti all’unisono intorno alla pista da ballo.

Mentre era lì a studiare con curiosità entomologica quella incredibile giostra delle tazze umana, gli si avvicinò una signora, più giovane di lui, ma non più una ragazzina, che tuttavia si portava molto bene i suoi anni. Era una di quelle donne ancora molto attraenti, quelle che qualcuno, in altri tempi, avrebbe definito “navi scuola”, e che oggi i ragazzetti chiamavano MILF.

Ovviamente il suo abbigliamento non era per nulla sobrio e nemmeno adatto ad una sagra: una cotonatura imbarazzante sormontava un viso abbronzato e truccato troppo pesantemente; un tubino leopardato di Cavalli che evidenziava un po’ di carne in eccesso e le stringeva i seni fuori dalla generosa scollatura; sabot di coccodrillo con tacco vertiginoso, sui quali pareva muoversi con disinvoltura. La riconobbe subito: era la sua dea, il suo incubo erotico. Era Svetlana, la moglie di Borsato.

Non vide la fede al suo anulare sinistro e questo voleva dire solo una cosa: la donna era in caccia. Insomma, “andava in cerca di”… relazioni occasionali. 

“Ciao, Palmiro!” gli disse con marcato accento est-europeo, chinandosi in avanti, offrendo alla vista un invidiabile panorama e porgendogli una mano affusolata sulla quale spiccavano anelli molto appariscenti e costosi.

“Stasera sono senza cavaliere, mi faresti ballare un po’?”, con la finta innocente sfrontatezza di una abituè delle balere.

“Svetlana…” rispose Mason con un filo di voce, mentre roteava gli occhi in giro controllando chi potesse riconoscerli. “Tuo marito dov’è?”

“Oh… lui. È andato a Milano, per curare certi affari dei suoi, non so…ha parlato di Espo o qualcosa di simile…”

Da quel punto, tutto accadde molto velocemente. Ballarono, la mano di lui aderente alla schiena di lei che, a sua volta, gli stava troppo vicino per impedire degli sfregamenti pericolosi, lei volle bere altro rabosello (un vero tocco di classe), poi a casa di lei (stando attenti a che nessuno li vedesse), un J&B (ma ancora lo vendevano? si domandò Mason) accompagnato dalle note soffuse di un qualche cantante di provincia, la camera da letto, lui che si sedeva ai piedi del matrimoniale scostando i pacchiani cuscini a cuore, lei che si svestiva, gli si avvicinava accennando una danza da odalisca zoppa e si inginocchiava mentre trafficava con la cintura dei pantaloni, lei che chinava la testa guardandolo languidamente dal basso, e tutto il resto.