Non andò proprio così, il tutto fu molto più prosaico, ma questo è ciò che, in piedi alla finestra della sua camera da letto, Luisa, moglie di Palmiro Mason, insonne reduce dalla appassionata e invidiosa lettura di “50 sfumature di grigio”, immaginò dopo averli visti entrare in casa illuminati dalle luci di sicurezza del giardino di Borsato. E questo fu quello che Luisa, in preda ad una febbre di vendetta su suo marito per averla privata di ciò che aveva dato a Svetlana, raccontò ad un incredulo Gastone al suo rientro da Milano.

Borsato era pronto a ritrovarsi da un giorno all’altro con un paio di corna come un caribù, tanto coi schèi de fèmene te ne càti un smerdaro era solito dire, ma non sarebbe MAI stato disposto a lasciare impunito un tale affronto.

E la sua ritorsione non si fece attendere. Non tanto nei confronti di Svetlana, che lui sapeva già essere una zoccola da prima del matrimonio, quanto verso Mason. Borsato colpì duro, proprio negli affetti più cari. I polli, diretta fonte di reddito di Mason.

La notte stessa della rivelazione, Borsato si introdusse, quasi fosse un membro della Delta Force con l’agilità di Giampiero Galeazzi, nella proprietà di Mason e si diresse dritto dritto all’impianto che forniva l’energia a tutto l’allevamento. Trafficò a caso tra scatole di fusibili, connessioni e interruttori, finchè non trovò quello giusto. Esattamente, lo switch generale che spegneva la pompa d’aria del capannone in cui cresceva il pollame.

Ci volle poco più di un’ora perché diecimila pollastri ipertrofici, stipati peggio che su un autobus nell’ora di uscita dalle scuole, crepassero asfissiati in mezzo ai loro escrementi. Una strage, un pollicidio.

La disperazione di Mason, il giorno successivo, sarebbe stato uno spettacolo straziante se non si fosse trattato di polletti. L’allevatore stava immobile vicino l’uscita del capannone, il volto rigato di lacrime silenziose ( ovviamente per i soldi persi), mentre i negri portavano fuori le bestie morte a carriolate, che scaricavano vicino al convertitore energetico. Nulla si sarebbe dovuto sprecare.

Mason si avvicinò al cumulo di cadaveri e ne prese due, uno sul palmo di ogni mano, e li guardò, silenzioso, come si guarderebbe un figlio prematuramente scomparso. Poi, alzando la testa, vide e capì.

Dall’altro alto della strada, oltre le teste dei curiosi che si erano assiepati lungo la cancellata, nel giardino che poche notti prima aveva attraversato eccitato come un ragazzino alla sua prima volta, c’era Borsato che assisteva all’insolito rito funebre. Stava lì, ritto in piedi, le mani in tasca ed un toscanello stretto tra i denti di un sorriso da caimano, tronfio della sua vittoria. Mason, con il fuoco negli occhi, giurò vendetta sui figli che non aveva. Rimasero così, a guardarsi a distanza, finchè la visuale non venne occupata dal capoccione del comandante dei carabinieri di Loreggia:

Che minchia sta faciènno, Masson! Così distrugge i còppi di reato!

Mason non si era accorto che, dalla rabbia, aveva stritolato i due polli che teneva nelle mani, dalle quali ora pendevano penne e frattaglie insanguinate.