FURIOSA: A MAD MAX SAGA in SCREENX all’UCI Cinema Deluxe di Marcon (VE), l’editoriale di Matteo Strukul per SUGARPULP magazine.

L’anteprima

Di ritorno da Cannes, entusiasti per un’edizione del festival a dir poco gloriosa – che ha visto il team di Sugarpulp sugli scudi nel recensire e raccontare un concorso che sarà combattuto fino alla fine anche se THE SUBSTANCE ed EMILIA PEREZ sembrano una spanna sopra gli altri – Silvia, Giacomo, Andrea e io ci siamo ritrovati catapultati all’anteprima nazionale di FURIOSA: A MAD MAX SAGA presso il multisala UCI Luxe Marcon in provincia di Venezia.

Su questo almeno due parole introduttive: in primo luogo eravamo gasatissimi perché l’UCI di Marcon è l’unico cinema in Italia a poter proporre una visione nel formato ScreenX. Di cosa si tratta? Allora, l’autore ottocentesco che è in me potrebbe descrivervelo così: è come guardare un trittico.

Ossia? Ossia avete tre schermi: uno centrale e due laterali. Il che significa che in una serie di scene e sequenze, solitamente quelle più action, la visione vi avvolge su tre lati. Detto altrimenti: tecnologia immersiva a 270 gradi.

Posso dirvi subito che la sensazione è pazzesca, personalmente mi sono sentito dentro la scena come mai mi era accaduto prima. Come se Miller mi avesse scaraventato al fianco dei suoi personaggi a urlare, piangere e sanguinare insieme a loro.

L’attesa

L’attesa è stata febbrile, per uno come me cresciuto con “Mad” Max Rockatansky di George Miller interpretato da Mel Gibson, uno che ritiene MAD MAX 2 il film più straordinario del genere post-apocalittico mai apparso sullo schermo.

Naturalmente ho amato tutte le pellicole della serie Mad Max, compresa la più recente MAD MAX: FURY ROAD. Quell’ultimo film mi aveva sconvolto per la rivoluzione visiva che aveva saputo proporre, dettando nuovi modelli puramente cinematografici, sviluppando e affinando le già incredibili intuizioni di MAD MAX 2 e BEYOND THUNDERDOME ma non mi aveva convinto fino in fondo in termini narrativi.

Devo però ammettere che un’intervista con uno dei produttori di quel film – Iain Smith – fatta con Silvia al Transilvania International Film Festival mi aveva chiarito molti aspetti e ora la visione di FURIOSA: A MAD MAX SAGA ha chiuso perfettamente il cerchio, aiutandomi a meglio comprendere le scelte nichiliste di MAD MAX: FURY ROAD.

L’attesa, d’altra parte, ha offerto mille occasioni di svago: le foto di prammatica a una fantastica cosplay di Furiosa, quelle sotto il poster, l’intervista rilasciata a Barbara Tarricone, conduttrice di Best Cinema – il programma sul grande schermo del circuito Samsung – per lo special dedicato ai cinema UCI, svariati calici di Prosecco e un ricco buffet. Il tutto sotto la sapiente regia di Livia Sambrotta, fantastica Film Promotion Coordinator UCI Cinemas Italia. A lei va il mio plauso incondizionato.

Insomma il pre-show è andato a meraviglia. Quando poi sono entrato in sala e mi sono accomodato su una poltrona spaziale con i miei popcorn, in modalità spiaggia, è cominciato il film.

Aedo

Lo dirò subito chiaro e tondo: non ho intenzione di raccontarvi la trama. Posso però dire che, narrativamente, questo è il film che più mi ha entusiasmato di tutti e cinque i capitoli della saga di Mad Max o forse dovrei dire delle Terre Desolate.

Perché quello scelto da Miller è il registro di un Aedo, dunque di colui che andando di villaggio in villaggio, radunava la gente sotto un albero, sceglieva un tema e raccontava con toni epici l’avventura di uno o più personaggi, dando libero sfogo alla fantasia e narrando le storie con costanti variazioni rapsodiche.

Quindi è inutile cercare una collocazione temporale delle due storie di Furiosa, rispetto a quelle di Max. Stiamo parlando di due diversi personaggi delle Terre Desolate.

Detto ciò, quello che colpisce è vedere con quanta cura Miller costruisca un personaggio formidabile come Furiosa, con quali accenti epici e foschi ne detti la crescita, l’affermazione, la caduta e la rivincita personale fino a farla scolorare nella leggenda, oltre la vendetta per usare le parole del film.

Colpisce anche l’attenzione quasi chirurgica riservata ai dettagli, tutto insomma collima perfettamente con quanto vedremo in MAD MAX: FURY ROAD. Tutto ciò che in quel film non aveva apparentemente senso, lo acquista immediatamente, grazie a questo prequel. Non so dire se Miller ci avesse già pensato. Da narratore posso dire che le costruzioni narrative al contrario, partendo dalla fine, non devono essere per forza già immaginate in ogni particolare nella loro completezza così da avere un inizio coerente ma è tale l’omogeneità e consequenzialità dei due film che viene da credere che fosse così. E il lettore di storie che è in me ringrazia.

Gli interpreti

In una vicenda che ha molto il sapore del romanzo di formazione attraverso i necessari riti di passaggio – il rapimento, la prigionia, la crescita, l’affermazione, la caduta e le vendetta dell’eroina – non mancano le lotte di potere fra signori della guerra con non pochi riferimenti all’Iliade e all’Eneide che dell’Iliade racconta l’incendio di Troia e potrei aggiungere i Posthomerica di Quinto di Smirne.

Ecco allora Dementus, interpretato in modo magnifico da Chris Hemsworth, signore dell’Orda, linguacciuto, logorroico, aulico e divertente ma anche innamorato di sé, spietato, crudele, infantile. Tante sfumature per un personaggio che Hemsworth rende al meglio, coltivandone le contraddizioni e gli slanci.

A lui si contrappone il lugubre, deforme e fosco Immortan Joe – e i suoi figli tanto ottusi quanto violenti – al quale l’attore australiano Lachy Hulme offre una granitica espressione di pura malvagità che non manca di bucare lo schermo. In questo, ammetto che la performance di Hugh Keays-Byrne mi era parsa però più versatile, al netto della maschera indossata dal personaggio che, certamente, non aiuta la duttilità espressiva. Cito fra le tante figure maschili anche il secondo di Dementus, Octoboss, che trova in Goran D. Kleut un attore dal nero fascino demoniaco, semplicemente perfetto.

Ma Furiosa è l’epopea di una donna. Non era semplice affrontare un personaggio del genere, specie dopo che Charlize Theron lo aveva fatto proprio, regalando un’interpretazione devastante, gigantesca, straziante, unica in MAD MAX: FURY ROAD eppure Alyla Brown è bravissima nel rendere il coraggio, la temerarietà, la paura, la disperazione di Furiosa bambina e, quando la bimba diventa una giovanissima donna, Anya Taylor-Joy affronta e supera la prova davvero bene, puntando tutto sui meravigliosi occhi enormi, i silenzi, una fisicità filiforme eppure resistente e il desiderio percepibile del suo voler tornare a casa, in un’Odissea che troverà compimento nel modo più amaro possibile.

Menzione d’onore la merita la madre di Furiosa, Mary Jo Bassa, resa da Charlee Fraser in modo straordinariamente intenso, grazie a una lunga sequenza d’apertura a dir poco mozzafiato.

I temi

Quello che colpisce di questo nuovo capitolo della saga di Mad Max, è la ricchezza dei temi, a cominciare da quello ambientale, naturalmente. La desertificazione, le alte dune di sabbia, le automobili ricucite e assemblate, la tecnologia medievale, lo scarseggiare dei beni primari come acqua e aria pulita sono realtà ormai vicinissime a noi.

E così lo è il ruolo centrale della donna, portatrice di valori, in grado di costruire una società lontana dalla guerra, capace di generare e proteggere la vita, di incarnare valori positivi come il sacrificio, l’onore, l’integrità. Non tutti gli uomini sono da buttare nel film, anche se la loro attività principale è scatenare guerre in nome della conquista del potere ed è abbastanza difficile, francamente, sostenere il contrario.

A questo proposito, la voce narrante del film non manca di ricordarci come la storia dell’uomo sia in effetti quella di un infinito conflitto con poche pause fra una guerra e l’altra. Ciononostante, a un certo punto della storia, fra Furiosa e Jack – scoprirete chi è guardando il film – nasce un legame e per un certo tempo il romantico che è in me ha sperato in una storia d’amore. Vedrete come andrà a finire.

Diciamo che c’è un braccio di mezzo. Dopotutto senza sangue, sudore e lacrime questo non sarebbe un film della saga di Mad Max. Invece lo è, eccome.

L’autore

Con tutto ciò, vorrei concludere la mia riflessione con due parole dedicate a George Miller. Il regista australiano ha saputo aspettare. Cinque film in quarantacinque anni. Ha fatto bene.

Non credo sia stata sempre una scelta, tanto più se si pensa che fra il terzo e il quarto film ne trascorrono trenta, ma Miller è stato in grado di mantenere saldo il controllo della propria creatura, ha avuto la tenacia e l’intelligenza di non piegarsi a esigenze produttive divoranti, ha saputo imporre la sua visione, coinvolgendo un pubblico sempre più trasversale con una poetica visionaria in grado di scavalcare le generazioni o, meglio ancora, di riunirle.

Non è un merito da poco. È il senso stesso del cinema. Certo, non sappiamo ancora come andrà questo film ma i primi feedback sono incoraggianti, la critica per esempio lo ha generalmente apprezzato a Cannes.

Per quanto mi riguarda, ritengo questo il miglior film della saga insieme a MAD MAX 2, sarà perché il romanziere che è in me ha bisogno di essere sedotto dai personaggi e dalla loro storia ancor prima che dal ritmo, dallo scenario e dalle sequenze action.

In questo senso, FURIOSA: A MAD MAX SAGA, si rivela narrativamente più vario, complesso e corale di MAD MAX: FURY ROAD anche se meno adrenalinico ma questo per quanto mi riguarda non è certo un difetto. Anzi.

 

Voto: 4,5 barbarietole su 5