Silver Blue, un racconto inedito di Alberto Spinazzi per Sugarpulp

I’ve turned into the broken one
Who lost the inspiration
I want to give you all my love like water
To a blood red rose
And babe I fade to silver, silver blue for you.

Roxette

In un qualsiasi commissariato di una città del Nord – Italia, Luciano entrò e fece sedere la ragazza su una panca davanti al bancone, facendo cenno al piantone di controllarla. Salì negli uffici della Divisione Investigativa: solito odore stantio, pessime battute dei colleghi.

Aveva solo 35 anni ma non sapeva quanto avrebbe retto. Il sole non filtrava attraverso le tende accostate. Guardò il soffitto scrostato ed ebbe un senso di disgusto. I colleghi raccontavano le loro imprese, ridendo e riempiendo la stanza di fumo. Si appoggiò alla ringhiera e guardò in basso, la ragazza iniziava a tremare.

Dallo stanzone: “Ehi Ciano, non ti fanno più ridere le mie barzellette? Siamo qua pieni di ladri e puttane. Almeno ci ridiamo un po’ su!”
“Scusami, Giacomo. Non mi sento molto bene …. E poi la tue storielle sono sempre le stesse, piccoli arresti o barzellette sul Capitano .”
“Se non ti interessano, puoi fare a meno di ascoltarle, bello.”
“Perfetto, ti ringrazio della cortesia … bello.” Luciano e Giacomo si guardarono con aria provocatoria. Dall’ufficio squillò il telefonò e la voce di Franco li interruppe: “Luciano, è per te? Cosa devo dire?”
“Che sono fuori in pattuglia.”
“Ma sei un ispettore, non esci in pattuglia da anni!”
“C’è il Capitano?”
“No.”
“Allora vado a fare un giro con la ragazza che ho trovato a battere.”
“Ma guarda un po’… l’uomo tutto d’un pezzo, sappiamo che ti scopi le puttane per arrivare agli informatori.”

Luciano prese Giacomo per il collo, l’avrebbe strozzato se i colleghi non li avessero divisi.
“Le mie indagini le gestisco come mi pare. Un’altra parola e dovrai pisciare con il culo per il resto dei tuoi giorni. Torna a vedere film porno al computer, mezzasega.”

L’agente di guarda all’ingresso lo chiamò allarmato: la ragazza era in preda a forti convulsioni.
“Cazzo, sta per avere un’overdose. Chiama l’agente-infermiera Ferruzzi e dille di portare tutto l’occorrente.”

La voce di Luciano era ferma ma tradiva preoccupazione. La ragazza tremava, sputava saliva e aveva gli occhi fuori dalle orbite. L’agente Ferruzzi le prese il battito cardiaco che era alterato.
“Roberta, falle subito un’iniezione di naltrexone.”, insistette Luciano.
“Non sarebbe proprio la prassi.”
“Devo portarla via da qui.”
“Questa volta dovremmo ricoverarla. Il braccio è pieno di buchi”
“Lo sai che non posso. In questo quartiere non funziona così.”
“Proprio non capisco …!
“Roberta funziona così, io chiudo gli occhi sui loro affari e loro mi passano le informazioni più importanti.”
“E una ragazza mezza morta non è importante?”

Luciano guardò Roberta per un lungo istante. Lei costernata lo fissò a sua volta: “Sei considerato il miglior agente del distretto. Perché fai ancora queste cose?”
“Tu non devi capire, devi fare solo il tuo lavoro. Io non sono migliore di quelli che arresto, ma se il quartiere rimane tranquillo è grazie all’accordo costruito nel tempo con certi personaggi. Questo lavoro è una merda. Questa ragazza può camminare adesso?”
“Sì, ma non per molto.”

Luciano alzò di peso la ragazza che si reggeva a stenti e uscì dalla questura. La ragazza in braccio.
”Come ti chiami,”le chiese.
“Olga Svratilova. Tu ti chiami Luciano, e il cognome?” La sua voce era strascicata e flebile.
“Non me lo ricordo. Sai dove stiamo andando?”
“L’ho capito, mi riporti da Slobodan, come succede a tutte le altre ragazze fermate.”
“Sono spiacente, dovrei portarti al rifugio di Suor Lisa ma non posso. Potrei proporre a Slobo di accettare dei medicinali per non riempirvi di eroina.”

Olga cominciò a canticchiare: “Ti vorrei dare tutto il mio amore come acqua a una rosa appassita e invece svanisco come l’argento. È una canzone che ascoltavo sempre in Moldavia, ma non mi ricordo il nome del gruppo. Prendevamo tutti i canali esteri.”
“E chissà cosa pensavate di trovare qui in Italia.”
“Sicuramente non questo,” Olga denudò la spalla dove in bella mostra c’era un tatuaggio con il suo nome e un numero, un marchio.

Luciano era esterrefatto, il pendolo dell’orologio della chiesa parrocchiale suonava mezzogiorno, tre della banda stavano camminando lungo la strada principale, aspettandolo. Il capo, Slobodan, avanzava un po’ più avanti degli altri,
“Nessun problema, Ciano? Ho qualche dritta per te. Beh, non parli più?”
“Non sapevo che arrivassi a marchiare le tue ragazze.”
“Beh, sono le mie vacche …”
“Vorremmo portare Olga in ospedale, ha appena rischiato un’overdose.”
“La cureremo noi, un’altra dose e poi diminuiremo piano piano, come dite voi … gradualmente.”

Luciano disse sottovoce a Olga:“Se si mette male, prendi quella stradina, corri più veloce che puoi, c’è un punto di accoglienza per ragazze come te. Vai lì ma non fare il mio nome.”
“Un’altra cosa, Slobo. Cosa ne diresti se ti fornissimo noi i farmaci per le ragazze, così non dovresti spendere soldi con tutta quell’eroina che ti tocca sprecare. Anche se la droga arriva direttamente dai depositi della Polizia, come sappiamo.”

Slobodan si guardò in giro. Bastava il suo sguardo a incutere minaccia, la gente cambiava strada o si nascondeva dietro le macchine, famiglie intere affacciate alla finestra guardavano la scena con le tende leggermente tirate. Degli operai che stavano riparando un tubo del gas se ne stavano impettiti, senza sapere cosa fare. Luciano fece loro un cenno, si fece dare una vanga, un punteruolo e poi li mandò via. L’atmosfera si stava facendo sempre più tesa e lui non era armato. Non gli era mai servito.

La strada era deserta. “Olga rimane con me, te lo chiedo solo per questa volta.”
“Sbirro, lei è di mia proprietà. La curerò a modo mio.”
Slobodan avanzò di pochi passi, estraendo un coltello enorme. I suoi sgherri rimasero indietro.
“Cosa ti fa credere che non ti sparerò?”, chiese Luciano.
“Tutti sanno che non giri armato. Forse fino ad adesso non ne hai avuto bisogno. Anch’io non ne ho bisogno contro di te.”

Luciano impugnò la vanga di traverso, come una mazza medievale, il punteruolo nascosto nella tasca della giacca.
“Scappa Olga.”
“E tu? Cosa farai?”
“Me la caverò. Me la sono sempre cavata. Vai ora.”

I due uomini erano separati da non più di 5 metri, ognuno con la propria arma, gli occhi fissi l’uno in quelli dell’altro. Iniziarono a camminare, con la propria arma pronta a scattare.

Improvvisamente Slobodan estrasse un altro coltello da una tasca nascosta del giaccone e lo lanciò verso Luciano, perforandogli il polmone sinistro. Il poliziotto si accasciò a terra, lasciando andare la vanga.

Brandendo il punteruolo, Luciano si lanciò verso Slobo, lacerandogli l’arteria femorale della gamba destra.
“Cazzo, perdo sangue, devo andare da un dottore, merda, ho bisogno di un medico.”
“E uno di quelli bravi anche. Chiama un’ambulanza, stronzo” gli fece eco Luciano.

Olga aveva osservato tutta la scena nascosta dietro una macchina e corse verso il poliziotto che l’allontanò. I due scagnozzi di Slobo si lanciarono su di lei.

Lei iniziò a correre. Luciano si voltò debolissimo verso i due uomini e guardandoli con odio e disprezzo si estrasse il coltello dal costato, senza neanche una parola nonostante il dolore fosse insostenibile. Lasciò cadere il coltello e la vanga.
“Andate via. Il vostro capo morirà nei prossimi minuti.”

I due dettero un’occhiata al corpo di Slobodan coperto di sangue e poi scapparono. Luciano esausto si lasciò cadere accanto al boss morente.
“Slobo, questa volta l’abbiamo combinata grossa, che ne dici figlio di puttana?”
“Sembriamo una coppietta che guarda il tramonto. Fammi un piacere, sbirro. Nella tasca sinistra della giacca c’è un pacchetto di sigarette e un accendino. Vorrei fumarmi l’ultima cicca.”
“Non è che nella tua giacca trovo una bomba?”
“Vai a fare in culo, accendimi la sigaretta, non mi rimane molto tempo.”
“Infatti, ne accendo una per te e una per me. Mi sembra il momento migliore per riprendere a fumare.”

Luciano tossì aspirando il fumo. “Sai, Slobo, pensa se nella prossima vita ti risvegli poliziotto. Cosa ne dici?”
“Bella merda… Sbirro, ho paura.” Luciano prese la mano di Slobodan e la strinse forte.